Luigi CAGNI
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* 14/6/1950 Brescia
L’allenatore più vincente e di più lunga
militanza sulla panchina biancorossa arriva da semisconosciuto nell’estate
1990. Da calciatore ha alle spalle quasi 500 partite in B con Brescia e
Sambenedettese, ma da tecnico ha esperienze limitatissime (Primavera a
Brescia, Centese in C2). È giovane, determinato e affamato: caratteristiche
che inculca al “suo” Piacenza, che viaggia sempre ad alta intensità di testa
e gambe. In anni di moda zonaiola tiene fede alla
sua esperienza di arcigno difensore impostando squadre pratiche e
organizzate, attente alla difesa ma sempre in grado di esprimere cannonieri
di valore (Cornacchini,
De Vitis, Inzaghi, Caccia). Non fa
tanto questione di numeri, pur restando fedele al 4-3-3,
ma punta soprattutto su un gruppo che si cementa negli anni e a suon di
risultati. Porta subito il Piacenza in B, lo salva, poi nel 1992/93 è tempo
della grande impresa chiamata serie A. L’Italia scopre il miracolo Piacenza e
di riflesso il suo allenatore burbero e schivo, che non fa proclami ma
predica solo lavoro e concentrazione, fa crescere talenti inespressi (Piovani e Moretti) e
rivitalizza giocatori dati per finiti come Maccoppi, Papais
e lo stesso De Vitis. La rabbia per la
retrocessione del 1994 lo lega ancora di più alla città e lo convince a
restare nonostante le sirene interiste: stravince il campionato schierando
una squadra con tre punte, un rifinitore e un tornante, alla faccia
dell’etichetta di difensivista, e poi centra l’ennesimo successo salvando il
Piacenza in serie A per la prima volta. Vorrebbe rimanere con nuovi stimoli,
l’Ingegnere gli fa capire che la salvezza resta
l’obiettivo massimo e quindi saluta. Inizia un valzer di panchine con poche
gioie e molte amarezze (Verona su tutte) ma a Piacenza resta un totem
nonostante qualche dichiarazione al vetriolo sul “caso nandrolone” che
colpisce Caccia e Sacchetti nel 2001. Così quando
nel febbraio 2003 Agostinelli viene esonerato
tocca a lui vestire i panni del taumaturgo. Rimedia a qualcosa, arrivano
discreti risultati ma la situazione è troppo compromessa e i limiti troppo
strutturali per evitare la B. Si riparte da lui come punto di riferimento, ha
in mano una squadra costruita in economia ma che per tre quarti di campionato
fa sognare la promozione. Reclama rinforzi, che non arrivano, perché la
coperta è corta e il campionato lunghissimo, e il Piacenza scoppia nel
finale. La mancata conferma, annunciata prima dell’ultima partita contro il
Genoa, scoperchia tutti i contrasti latenti tra Cagni e il neo direttore
generale Riccardi. Il tecnico lo taccia di
incompetenza, il dirigente gli rinfaccia di non aver saputo valorizzare il
parco giovani (su tutti Cipriani): otto anni si
chiudono così con una brusca frattura. |