Sandro PUPPO
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* 28/1/1918 Piacenza + 16/10/1986 Piacenza Centromediano Da giocatore
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statistiche incomplete o non disponibili per la squadra “B” Da allenatore
Uno dei piacentini
più noti a livello internazionale è uno sconosciuto o quasi nella sua città.
Eppure la storia calcistica e personale di Sandro Puppo merita un libro a parte
(ha provveduto nel 2023 il piacentino Matteo Eremo con “Il calcio è musica”). Si imbarca per Shanghai quando ha solo due
anni, al seguito del padre violinista ingaggiato dalla locale orchestra
sinfonica: in Cina impara egli stesso a suonare il pianoforte, si appassiona
alle lingue e viene svezzato ai rudimenti del calcio in una squadra giovanile
di emigrati irlandesi, l’Erin Villa. A 16 anni
torna a Piacenza con la famiglia, l’invasione giapponese in Cina, ed entra
nella scuderia biancorossa. È diventato un ragazzone e tiene bene il
difficile ruolo di centromediano, l’infortunio di Benassi e una pessima prova di Benedetti gli aprono le porte della prima squadra.
Non ne uscirà più, per tre anni, e diventa uno degli assi portanti di un
Piacenza giovane e bello, che sfiora la serie B nel 1937. L’anno prima
ottiene una soddisfazione ancora maggiore: Pozzo lo convoca insieme al
compagno Girometta,
sia pur come riserve, per le Olimpiadi di Berlino, che l’Italia vince in
scioltezza. Ormai è maturo per il grande salto, la serie A lo aspetta con
Ambrosiana e Venezia. Gli eventi bellici lo riportano nuovamente in provincia
già nell’estate 1944, sfollato con moglie e figlio. Alla ripresa dei
campionati torna a vestire la maglia numero 5 del Piacenza e gli viene affidato
anche l’incarico di allenatore. Ma i tempi non sono maturi per la panchina,
lascia l’incarico a Renato Bodini dopo tre giornate
e si concentra sul rettangolo verde dimostrandosi del tutto ristabilito. Ancora Venezia e Roma
le ultime tappe da calciatore, poi inizia una carriera da allenatore in cui
alterna incarichi nelle serie minori italiane con incarichi prestigiosi a
livello internazionale: Nazionale turca nei Mondiali del 1954, Besiktas, Barcellona, Juventus, di nuovo Nazionale turca.
Nel mezzo, brevi e poco fortunate esperienze italiane ma solo nelle serie
minori, spesso per ragioni familiari. Non ha mai scordato Piacenza, nel 1965
si allacciano i primi contatti per un ritorno ma è vincolato alla Federazione
turca. Quando Radio un anno dopo lascia per tornare a
Trieste Romagnoli rinnova la proposta e lo trova
libero e disponibile. Porta il suo notevole bagaglio di idee e cultura
calcistica, che riassumerà qualche anno dopo nel libro “Calcio quo vadis?”: rifiuta il
catenaccio all’italiana, propone una zona ante
litteram e un gioco meno utilitaristico, chiede almeno tre anni di tempo
per lavorare con calma. Adatta queste idee alla modesta serie C, ma si
scontra con difficoltà ambientali inattese. Stampa e pubblico lo mettono
sotto accusa, dal solo nome di Puppo si attendeva la serie B, la realtà è
quella di una squadra da dodicesimo posto. Resiste alle critiche che riceve,
spesso gratuite, riguardanti la gestione del gruppo e del parco giocatori e
imposta una nuova stagione di profondo rinnovamento e ringiovanimento.
Riparte il campionato e riparte la contestazione strisciante, ma stavolta ne
ha abbastanza. Si dimette nell’ottobre 1967 lasciando il posto a Leo Zavatti e passa all’incarico puramente ornamentale
di direttore sportivo, interrompendo i rapporti con la società già a Natale:
è la fine della sua carriera di allenatore. A fine stagione, amareggiato e
deluso, sfoga la sua amarezza in una lunghissima intervista su Cronache Padane ma conserva la stima
unanime del mondo del calcio: nel 1970 viene chiamato a far parte della
Commissione di studio della FIFA ai Mondiali messicani. |