Giuseppe “Pitin” CELLA
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* 2/4/1910 Piacenza + 20/10/1998 Piacenza Ala
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statistiche incomplete o non disponibili per la squadra “B” |
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La prima, grande bandiera della storia del Piacenza è praticamente
sconosciuta ai più, tant’è che alla sua scomparsa nel 1998 neppure un rigo fu
speso nelle cronache locali. Eppure si parla di 273 partite e 101 gol in
campionato (miglior marcatore assoluto), distribuiti su 13 stagioni. Piacentino
del sasso, di famiglia poverissima del rione Torricella, inizia a tirar calci
nella squadra cittadina della Sorgente e poi nel Pro Piacenza sotto l’egida
di Ernesto Bertocchi, ed entra a far parte dei boys
del Piacenza nel 1925. Il 17enne Cella esordisce in prima squadra nel
vittorioso campionato di Seconda Divisione 1927/28, in un ideale passaggio di
consegne con l’altro enfant prodige Bernetti,
ceduto alla Fiorentina. Un paio di anni di gavetta, poi è titolare
insostituibile dell’attacco dal 1929: mezzala, centravanti, infine ala destra
dove fa fruttare le sue doti di velocità e fantasia e il notevole senso del
gol. Pitìn era dotato di grande intelligenza, scatto e capacità di controllo
di palla e tiro con entrambi i piedi, frutto di anni di palleggio e di una
voglia quasi maniacale di migliorarsi continuamente, che lo vedeva dopo gli
allenamenti provare e riprovare qualche numero da eseguire poi in campo. In
allenamento contro la Nazionale italiana gioca anche da terzino e mette la
museruola al quotato “Faele” Costantino. Esigenze di bilancio ne impongono il
sacrificio, nel 1934 va al Parma (dove è capocannoniere della squadra) ma
torna dopo solo un anno. Con Gaddoni e Chiesa compone un tridente da sogno, nel 1936 lo
vorrebbe il Bologna in serie A ma Pitin rifiuta: non vuole abbandonare il
posto di lavoro nell’Esattoria cittadina. Gli manca il traguardo
della serie B che nel 1938 sfuma allo spareggio e spende le sue ultime annate,
da capitano, in un Piacenza sempre più raccogliticcio. Chiude a soli 30 anni
e dopo la guerra si occupa attivamente di giovani: nel 1946 guida la Turris
nel campionato di Sezione Propaganda, poi lo ritroviamo con gli amici Bergonzi, Loranzi e Bolledi a curare il vivaio. Ma la prima squadra è in
crisi, e nel gennaio 1949 a sorpresa torna a giocare. È più che altro
un’operazione amarcord dettata dall’emergenza: ha 39 anni e da nove è fermo,
gioca (ovviamente ala destra) una sola partita a Magenta, peraltro
determinante per la salvezza grazie al caso Brasca. Poi cala il sipario
definitivamente sul Cella calciatore, mentre resterà impiegato alla Cassa di
Risparmio di Piacenza fino alla pensione. |