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Non bastano l’estro e i gol (8) di Giorgio Gambin per conquistare la salvezza

STAGIONE 1975/1976

 

SERIE B

 

Riconquistata a gonfie vele la serie B, si cerca di gettare basi solide per mantenersi nella serie cadetta. Fabbri è riconfermato praticamente a furor di popolo, e con lui quasi tutta la squadra della promozione, opportunamente ritoccata. Si cerca di risolvere il problema del portiere con l’ingaggio di Gianni Candussi dall’Arezzo, già a Giulianova con Fabbri, che però non vivrà una stagione brillante. In difesa compare lo stopper juventino Zagano al posto di Giacomin; la dolorosa perdita di Valentini (rientrato al Cesena) viene assorbita con l’innesto espressamente voluto da Gibì di Patrizio Bonafè, proveniente dal Varese e destinato poi a fermarsi in pianta stabile nel Piacentino.

Il vero problema sorge in attacco. A fronte di una campagna acquisti particolarmente dispendiosa si fa cassa cedendo Zanolla alla Ternana per 300 milioni. Fabbri e Loschi si rimpallano la responsabilità della cessione: nascono le prime frizioni che si accentueranno via via nel tempo. Come rimpiazzo si parla di Iacovone, Musiello o Grop, alla fine arriva il romanista Penzo che ha però caratteristiche completamente diverse rispetto a Zanolla: è più centravanti-boa, non ha almeno al momento il fiuto del gol necessario a finalizzare il gioco. In più non lega con Fabbri, che finirà ben presto per tagliarlo adattando al ruolo di prima punta il nuovo acquisto Asnicar, altro pupillo del tecnico. Anni dopo lo stesso Gibì considererà questa squadra indebolita rispetto a quella della promozione.

In Coppa Italia dopo una sconfitta iniziale contro la Sampdoria, poi vincitrice del girone a punteggio pieno, si espugna Vicenza e anche all’Olimpico di Roma il Piacenza, pur battuto, fa una buona impressione. C’è ottimismo tra i tifosi, il Piacenza piace anche se troppo spesso cade vittima delle proprie ingenuità soprattutto difensive. Gambin, Asnicar e Bonafè rimediano come possono al flop di Penzo e del suo acciaccato successore Listanti, prelevato a novembre, e pian piano la squadra prende sempre maggior confidenza con la categoria. Si chiude l’andata in piena lotta per non retrocedere, ma tra febbraio e aprile una lunga striscia positiva (11 punti in 8 partite) porta i biancorossi addirittura a metà classifica. È il momento migliore, nonostante un brutto ko a Palermo che per poco non costa il posto a Fabbri, ormai ai ferri corti con Loschi.

La salvezza sembra comunque a un passo quando mancano cinque giornate alla fine, dopo aver battuto Varese e Sambenedettese: il Piacenza è tredicesimo, con sette squadre alle spalle. Invece succede l’imprevedibile. Arrivano cinque sconfitte consecutive, che ripiombano il Piacenza in serie C. Cinque partite stregate ricche di episodi sfortunati, di decisioni arbitrali avverse e accomunate dal leitmotiv del campionato: il Piacenza gioca bene, spreca quantità industriali di palle gol e viene regolarmente trafitto alla prima occasione. Non bastano 42 reti realizzate, terzo attacco del campionato, a fronte però della peggior difesa con 50 reti subite. Fabbri a fine stagione viene comunque portato in trionfo, anche se non mancano voci critiche: da chi lo accusa di non aver saputo privilegiare il risultato quando necessario a quanti imputano il crollo al suo addio ormai apertamente annunciato.

 

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