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Giancarlo “Caje” Cella da Bobbio torna al Piacenza che lo aveva lanciato

STAGIONE 1971/1972

 

SERIE C girone A

 

Il fallimentare esito della stagione 1970/71 consiglia a Romagnoli di tentare la via della promozione in modo meno avventuroso e più programmato. Liquidati Arcari e Casati, il presidente prende in mano la situazione in prima persona, coadiuvato da Camillo Achilli nelle vesti di provvisorio direttore sportivo. Per il nuovo campionato si riparte da una vecchia conoscenza: torna sulla panchina Tino Molina, che firma un contratto biennale. La squadra viene irrobustita da innesti di esperienza, al fianco degli acerbi giovani portati da Casati: rientra Grechi, arriva il regista Landoni ma soprattutto viene acquistato Giancarlo Cella, fresco campione d’Italia con l’Inter. Il bobbiese, ormai da anni convertito nel ruolo di libero, accetta il declassamento per chiudere la carriera nella squadra che lo ha lanciato. Oltre ai prestiti salutano Zoff, Robbiati e soprattutto Sergio Montanari, dopo ben sette stagioni. L’obiettivo è un campionato di medio-alta classifica.

L’entusiasmo è tangibile già dalle amichevoli con Juventus, Milan e Inter. Vengono sottoscritti ben 4100 abbonamenti: è il record del periodo pre-Garilli. Ma la squadra parte malissimo, con una sola vittoria nei primi nove turni e senza un gioco d’assieme. Molina si ritrova un gruppo demotivato e disunito, i “grandi nomi” si muovono al piccolo trotto e a novembre è il momento dei correttivi di mercato, che hanno il sapore dell’epurazione. Partono Stevan, Franzoni, Ferranti, Illiano e Landoni, arrivano Burlando e Damonti, due preziosi centrocampisti. Il gioco migliora sensibilmente ma il gol resta un problema: Molina cerca di ovviare alle difficoltà offensive varando un attacco con Ardemagni e De Bernardi ali e Damonti o Burlando finto centravanti, senza grandi risultati. A fine andata il Piacenza è appena sopra la zona retrocessione, la stagione del rilancio è ampiamente deficitaria, si lavora già in chiave futura.

A gennaio, dopo una trattativa sottotraccia durata due mesi, abbandona la presidenza Romagnoli, che può dedicare sempre meno tempo al Piacenza. Al suo posto subentra un altro imprenditore edile, Luigi Loschi, che aveva già retto le sorti della società nella stagione 1964/65. Questa volta prende il via un regno molto più duraturo, destinato a segnare tutti gli anni Settanta. Due giorni dopo Molina si dimette a sorpresa, per non essere stato informato del cambio di presidenza e a causa dell’incertezza sui nuovi programmi societari.

Per il secondo anno consecutivo si procede a una soluzione interna: Cella diventa allenatore-giocatore, ad assisterlo (anche per ragioni di patentino) c’è il solito Franzosi. Il Piacenza di Cella si batte bene, ma c’è da fare i conti con la cronica sterilità offensiva e anche con una certa dose di sfortuna. Si mette in luce, in un attacco abulico, il giovane Meraviglia e proprio una sua doppietta all’ultima giornata contro l’Imperia consente di raggiungere il sofferto traguardo della salvezza.

 

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