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Bruno Arcari non riesce a evitare la retrocessione per un solo punto

STAGIONE 1969/1970

 

SERIE B

 

La promozione tra i cadetti proietta il Piacenza in un mondo completamente diverso dalla serie C a cui pubblico e dirigenza erano abituati ormai da decenni. Il nuovo stadio della Galleana (ufficialmente Comunale) sostituisce il vetusto impianto di Barriera Genova, mentre Romagnoli, per i suoi impegni professionali che lo trattengono a Milano, lascia la carica di presidente a Enrico Campelli pur mantenendo saldamente il comando della situazione. Si registra anche un effimero accordo con il Pro Piacenza, che diventa di fatto una società satellite della “sorella maggiore”.

Occorre mettere mano alla rosa, e in modo significativo. Il mercato condotto da Canevari però è di basso profilo, anche a causa del flop dell’azionariato popolare voluto da Romagnoli nell’annata precedente. Non si fanno follie sul piano economico (l’esborso totale si aggira sui 100 milioni) e si va a caccia di giovani ed elementi in cerca di rilancio. Tra i nomi più noti ci sono gli anziani Balzarini e Azzimonti (globalmente deludenti), oltre ai rampanti torinisti Franzoni e Unere. Viene riconfermato il blocco della promozione, ma si registra in attacco la perdita di Renato Mola, ceduto al Foggia e mai degnamente rimpiazzato. Ancora più grave è l’addio di Tino Molina, peraltro annunciato per tempo: l’attività di allenatore in serie B non gli consente di seguire gli affari a Solbiate, e accusa qualche problema respiratorio che consiglia un deciso cambio di clima. Torna in panchina Enrico Radio, espressione di un calcio eminentemente utilitaristico.

Conscio dei limiti della rosa, Radio imposta una partenza lanciata, e nelle prime due giornate arrivano altrettante vittorie. A Catanzaro segna Unere e i tifosi di casa si scatenano dopo l’annullamento del gol del pareggio, assediando arbitro e giocatori negli spogliatoi per cinque ore. Poi il Perugia viene piegato da Stevan, nella partita dell’inaugurazione ufficiale dello stadio: il Piacenza è primo in classifica. Qualcuno inizia già a parlare di squadra rivelazione, il tecnico smorza gli entusiasmi e ha ragione: cinque sconfitte nelle successive 6 partite riportano il Piacenza alla sua dimensione, quella della salvezza. Non c’è gioco se non di rottura ed emerge in modo notevole il problema del gol. Romagnoli interviene sul mercato autunnale: sfumato l’ex interista Angelillo, arrivano il libero Adorni, il centravanti Nova (entrambi in declino) e il mediano Tentorio, pagato la cifra record di 140 milioni di lire. Dotato di un potente tiro dalla distanza e abile nei calci piazzati, sarà reinventato come libero dopo il grave infortunio occorso a Bordignon.

Ma la squadra non ingrana, Radio finisce nell’occhio del ciclone e a dicembre viene sostituito da Bruno Arcari, già al Piacenza sul finire di carriera come giocatore. Arriva insieme al direttore generale Alfredo Casati, chiamato ad essere il braccio operativo di Romagnoli. Con Arcari ha fatto molto bene nel Varese di Borghi, ma a Piacenza finirà per produrre più fumo che arrosto.

Si chiude l’andata in fondo alla classifica, sia pure in compagnia di altre squadre. Con Arcari non arriva l’attesa svolta, si vivacchia di pareggi e qualche sporadica vittoria. Pesa sempre lo scarso apporto dell’attacco, dove solo Stevan rende secondo le attese nonostante ripetuti infortuni; Arcari, peraltro, preferisce coprire la difesa giocando spesso con due sole punte. Ci si aggrappa alle punizioni e ai rigori di Tentorio, e alla penultima giornata la vittoria di Modena (decide una spettacolare rovesciata di Robbiati) apre uno spiraglio di luce: per la salvezza occorre battere il Varese di Liedholm, Bettega e Braida alla Galleana. Ma i lombardi devono a loro volta vincere per essere promossi in serie A. Il popolo biancorosso ci crede, ma sarà un disastro: finisce 5-0 per gli ospiti tra la rabbia di Romagnoli e la delusione dei tifosi per una retrocessione per molti aspetti annunciata ma che si sperava di evitare.

 

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