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Cagni

 

Per Gigi Cagni una stagione amara culminata con un polemico addio.

STAGIONE 2003/2004

 

SERIE B

 

La retrocessione accelera il processo di ridimensionamento avviato a partire dalla stagione precedente, pur non nascondendo la volontà di provare la risalita. Volti nuovi in società: Collovati viene affiancato in pianta stabile da Totò De Vitis (già in organigramma da febbraio) con mansioni di direttore sportivo effettivo, mentre il nuovo direttore generale è Maurizio Riccardi. Gode della fiducia totale di un Garilli via via sempre più distaccato, ma è personaggio del tutto estraneo al mondo del calcio e questa inesperienza risulterà evidente nel lungo periodo. Per il terzo anno consecutivo cambia anche lo sponsor, questa volta è un evento particolare: sulle maglie compare il logo Unicef, che non sparirà più fino al 2011, a cui già dal 2002 venivano devoluti ogni anno il 7,5% degli incassi. Un’operazione indiscutibilmente meritoria ma economicamente svantaggiosa, soprattutto in un momento in cui si cerca di far quadrare i conti.

Si parte dalla conferma di Cagni (a cui viene cucito addosso almeno nominalmente un ruolo alla manager inglese) e di pochi giocatori, vengono ceduti quelli con i contratti più onerosi come Hubner e Di Francesco, oltre a Maresca che torna alla Juve. Si punta su elementi navigati della categoria e possibilmente a parametro zero: Fattori, Radice, Lucenti, Beghetto, oltre ad alcuni giovani come il talento Cipriani del Bologna, reduce da un grave infortunio. Torna anche Ambrosetti, ormai l’ombra del giocatore ammirato pochi anni prima. La rosa non è ampia, come vuole d’abitudine Cagni, ma il campionato si allunga a sorpresa per il caso Catania. Si risolve tutto all’italiana riammettendo le retrocesse della stagione precedente, ad eccezione del fallito Cosenza sostituito dalla Fiorentina (appena promossa in serie C1) per non meglio precisati meriti sportivi. Le squadre lievitano da 20 a 24 per 46 giornate complessive, in serie A saliranno direttamente le prime cinque mentre la sesta spareggerà con la quartultima della massima serie.

Ci sono formazioni più attrezzate, come Palermo, Atalanta e Torino, ma il Piacenza regge bene e rimane costantemente nelle posizioni di testa. Gli ex comprimari Miceli e Riccio si trasformano in titolari insostituibili, Beghetto ritrova con regolarità la via del gol compensando gli appannamenti di Cipriani e rievocando la figura del centravanti sgobbone alla De Vitis. Convince il giovane D’Anna inventato ala destra, l’argentino Campagnaro si segnala come affidabile rincalzo nel ruolo di difensore centrale. Il Garilli torna ad essere un fortino inespugnabile, e il successo di Bergamo all’inizio del girone di ritorno rappresenta il punto più alto della stagione, con il raggiungimento del terzo posto.

Ma qui emergono i limiti strutturali di una rosa corta e tecnicamente non di primo piano. Cagni chiede rinforzi, gli viene consegnato solo il mediano Minopoli oltre alla punta Colombo, scambiata con Cipriani: emergono i primi attriti con Riccardi, che puntava invece sul recupero dell’ex bolognese. La gestione anche mediatica del mercato evidenzia ormai che ci sono due galli nel pollaio, lo scontro si alza di tono. La squadra intanto denuncia segni di logorio fisico e mentale, mentre alle spalle la Fiorentina comincia a scalare posizioni. In primavera il crollo diventa fragoroso: cinque sconfitte di fila, tra cui il pesante 1-3 interno con il Livorno e il 3-0 di Verona, portano al sorpasso dei viola al sesto posto. È l’epilogo di una stagione che, partita in sordina, aveva fatto sperare nel ritorno in A; poco prima dell’ultima partita, contro il Genoa, arriva anche la notizia della mancata riconferma di Collovati e Cagni. Un addio definitivo, quest’ultimo, pieno di veleni reciproci con la società e in particolare con Riccardi, sempre nell’alveo delle frizioni sulle rispettive aree di competenza.

 

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