INDICE DELLA STAGIONE Il campionato
Enzo Maresca, uno dei pochi a salvarsi
in un’annata davvero storta |
STAGIONE 2002/2003 SERIE A La stagione 2002/03 segna un punto di svolta rispetto alle
annate precedenti sotto la presidenza di Fabrizio Garilli.
Nel marzo 2002 Enel rileva da Camuzzi la
distribuzione del gas naturale per 1 miliardo di euro; il Piacenza e il ramo
argentino dell’impero dei Garilli sono ancora nelle
mani della Mill Hill Investment,
la holding che controlla quanto resta dell’azienda dell’Ingegnere, ma viene a
mancare un pilastro economicamente fondamentale dell’intero apparato. A
questo si aggiungono i primi segnali di scollamento tra dirigenza e pubblico,
accusato di aver risposto in modo tiepido ai cospicui investimenti del
biennio precedente. Per queste ragioni Garilli
imposta la nuova stagione di serie A secondo un piano di ridimensionamento
tecnico ed economico. Novellino prende atto e si trasferisce all’ambiziosa
Sampdoria portando con sé Sacchetti e Volpi. Matuzalém
e Poggi tornano al Parma, a Gautieri non viene
rinnovato il contratto, Hubner è tentato dal Milan (con cui va in tournee
estiva) ma poi rimane. Collovati si affida alla scuderia GEA di Alessandro
Moggi per ricostruire la squadra: il nuovo allenatore è Andrea Agostinelli,
al debutto in serie A e reduce da buone stagioni a Pistoia e Terni ma anche
da un esonero in Umbria. Gli viene affidata una formazione costruita con
scarti, giovani e giocatori in cerca di rilancio: dal Parma arrivano Gurenko, Mangone e la mezzapunta colombiana Montaño, dall’Argentina giungono il centravanti Óbolo (sarà un flop) e l’oggetto misterioso Campagnaro, di incerta collocazione tattica. A
centrocampo c’è lo juventino Maresca, che si rivelerà eccellente solista ma
meno uomo-squadra di Volpi; al suo fianco, il mediano Riccio voluto da
Agostinelli e destinato a lunga militanza in biancorosso. La partenza è folgorante: due vittorie nelle prime due
giornate, la vetta della classifica insieme a Juve, Inter e Milan. Si parla
già di fenomeno Piacenza, a Bologna i tifosi entrano cantando “salutate la
capolista”: troppo presto. La squadra si inceppa quasi subito, Hubner paga la
sostituzione di Poggi (preziosissimo assist-man) con lo svogliato ed egoista Montaño, la difesa a 3 di Agostinelli accusa amnesie
continue. Da settembre a febbraio c’è una sola vittoria, contro il Torino, in
mezzo a tracolli tra l’incredibile (contro la Lazio, da 2-0 a 2-3) e il
disarmante (lo 0-3 contro il Chievo). Si tentano correttivi massicci di
mercato: Baiocco dalla Juve, Marchionni dal Parma (in cambio di Cardone, il
miglior difensore in rosa), Ferrarese dal Napoli. Montaño,
tornato solo a gennaio dalle vacanze natalizie in Colombia, viene
energicamente contestato dagli ultras e rispedito a Parma; Caccia viene
scambiato con il modesto comasco De Cesare, rinforzando una diretta
concorrente alla salvezza. Non basta: il Brescia di Baggio dilaga al Garilli (4-1). Agostinelli viene esonerato,
l’amministratore delegato Tansini si dimette. C’è spazio per un ritorno clamoroso in panchina, quello
di Gigi Cagni. Ma arrivano subito due sconfitte che si riveleranno decisive,
negli scontri diretti contro Como ed Empoli. La squadra vive di fiammate (la
vittoria esterna sul Torino, il roboante 5-1 sul Perugia) senza trovare il
cambio di marcia necessario per una rimonta disperata. Hubner riprende a
segnare regolarmente, ma la difesa continua a soffrire nonostante gli
esperimenti di Cagni che esclude Lamacchi, lancia il giovane Abbate e inventa
Campagnaro difensore centrale. La matematica
retrocessione arriva alla penultima giornata sul campo del Parma, con
l’ennesima sconfitta in rimonta: troppi i 62 gol subiti, troppo pochi i 30
punti racimolati nonostante il cambio tecnico. Il Piacenza saluta la serie A,
nessuno immagina che l’addio sia ad ora definitivo. |