Viste dai tifosi
PIACENZA-SALERNITANA 0-1 (Fava)
Non era previsto questo brusco stop domestico dei biancorosssi. Il barometro di
via Gorra indicava su: squadra in crescita. Tra i tifosi è circolato un
misurato ottimismo per tutta la settimana: “Sabato è molto importante vincere”,
“Dare continuità ai risultati con una vittoria, magari anche non limpida,
aiuterebbe i ragazzi”, “A Bergamo abbiam giocato molto bene, è segno che ci
siamo”.
Non ricordo una partita con l’arbitro in cui non fosse importante vincere e mi
rammarico che il ritornello delle battute iniziali del campionato sia “Adesso
non guardiamo la classifica, ma la prestazione” oppure “Solo dopo dieci partite
potremo avere un’idea della nostra dimensione”.
A me piace solo: “Giocheremo le rimanenti 42 giornate come altrettante finali”
e via a scalare.
Comunque sia, l’approccio al sabato è dei migliori; in Piazza (quella coi
Cavalli) incontro Tom Bianchi; due chiacchiere sul suo stato di non salute e un
delicato sonaglio fa udire la propria agitata melodia.
Entro molto presto allo stadio per vedere il mio primo riscaldamento dell’era
Pioli e il sonaglio non è più così delicato.
Sul campo ci sono solo Moscardelli dedito a movimenti morbidi e Guerra che
invece spinge forte sotto gli occhi del preparatore atletico.
Il bomber sta male? Il punto interrogativo segue la frase solo perché non ci si
vuole arrendere all’evidenza, ma è chiaro. Escono anche gli altri cui è
destinata la casacca da titolare, seguiti dal mister in un elegantissimo
vestito grigio Londra che ne esalta la perfetta sagoma.
Il dialogo tra Pioli e Moscardelli è scarno: “Ce la fai?”, “Sì”.
L’annuire del monumento generato in Belgio zittisce l’allarme. Simone, molto
più elegante del suo omonimo vicino di casa, non sibila niente tra i denti.
La prima frazione di gioco fila via liscia e monotona; la fase di studio dura
così tanto che non ci si avvede dello scorrere del tempo. Qualche battuta sui
traversoni tentati e mai riusciti, qualcuna sul portiere campano esibitosi in
una goffa parata sull’unico tiro, se così vogliam definirlo, che centra lo specchio
della porta e niente più.
Non si è rischiato, dato confortante per il progetto Piacenza 2008-09. Il
puntare decisi sulla solidità difensiva è un dato acquisito,
Secondo tempo uguale, nessuno ha intenzione di rompere l’impasse.
Bruno, origini casertane, abbonato al Piacenza da una decina d’anni, ha ormai
ha perso le tracce della “sua” squadra, ma sente ancora molto fastidiosa
l’ombra del campanile di Salerno e si rimescola. “Mi avevi detto bene di questo
Piacenza”.
“E non mentivo amico mio, solo che oggi sembra davvero non sia giornata. Gli
amaranto son venuti fissati per muovere la classifica, non lasciano spazi
vivibili. Graffiedi è appena rientrato, il centravanti accusa qualche fastidio
e non riusciamo a sbloccare le fasce. O ci pensa Abbate con un cross dalla
trequarti oppure ci vuole una cappella”
Il nostro mister concorda con questa infantile disamina e prova a sostituire
gli esterni, troppo rischioso affidarsi solo alla balistica di Matteo.
Ma gli equilibri per rimanere tali, non devono subire interventi esterni. Dopo
qualche minuto dall’ingresso di Ferraro e Guzman in vece di Wolf e Graffiedi
ecco servita la sgarbata rete di Fava. Gentilotti in tribuna stampa si inalbera
e grida allo scippo, due infermieri intervengono efficienti. Gregori per non
esser da meno fa dieci passi indietro imputandoli alla squadra biancorossa.
Amorini in apparenza tranquillo non trova di meglio che sganasciarsi per la
sostituzione di Fava con Piccioni e per i due infermieri son straordinari.
Lo stadio è muto, non ci sono segnali. La squadra non sembra in grado di
fornirne. Ci vorrebbe un goal, non per pareggiare, o meglio anche, ma per
scrollare il torpore. Con un goal riemergerebbe la voglia di sostenere squadra.
Vedo nei vicini di posto il desiderio di riproporre con generosità i gesti che
da sempre caratterizzano i dialoghi tra piacentini e tifoserie avverse, del sud
in particolare.
Invece niente.
Piacenza-Salernitana 0-1 entra nel personale curriculum vitae come la prima
partita in cui non sento il triplice fischio. Mio nipote si è chiuso fuori casa
e sono quello più vicino per poterlo soccorrere.
Anche i biancorossi si sono chiusi fuori casa, succede.
Non era un esame, solo una prova interessante. Un modo di provarsi la
temperatura.
Non ha detto bene, ma il tempo dei rimedi c’è tutto.
Domenica giochiamo a Modena, ce lo venderanno come derby emiliano. Leggeremo
l’intervista a Gemiti, le dichiarazioni moderate di Pioli sulla sua ex squadra,
la voglia di fare bene che ci prometterà il calciatore di turno e poco altro.
Le uniche cose che contano sono: Modena è vicina, si gioca di domenica, lo
stadio è bello.
Non facciamoci mancare niente.
Arvodas
Non mi è più uscito dalla testa: quando sento uno di questi 5, scatta un
collegamento inusuale. Come se fossero una cosa sola.
Al bar, prima della partenza alla volta del Rigamonti, odo l’informazione che
si scambiano due dei “vecchi” che mi trasporteranno.
“Pensa solo all’attacco: Mossini, Maragliulo, Gritti, Zoratto, Ascagni: pardùm
stciusì incò.”
Brescia-Piacenza 4-0 , Maragliulo ne fece molti e per molto tempo rimasi
convinto fosse un centravanti.
Zoratto non so nemmeno se fosse in campo, ma che fosse calciatore di valore, ce
ne accorgemmo tutti in quella stagione.
Sembran trascorse distanze temporali celesti da quel giorno e in effetti non è
proprio l’altro ieri. Eravamo in serie C, avevamo una squadra molto simpatica.
Simile a quella di oggi per certi aspetti. Non c’era un bomber, si segnava
poco, subivamo pochissimo (dopo questa rollata arrivò Mastropasqua se non
ricordo male). Li facevamo tribolare tutti insomma. Gli esteti contorcevano il
naso anche allora, ma le partite eran battaglie, la gente era molto
affezionata. Alla Galleana si andava volentieri e non per le statue di cera.
Può sembrare sibillino, però non è un riferimento ai calciatori odierni, bensì
alla mostra nel parco omonimo.
Partita strana ieri pomeriggio.
Dopo il primo tempo tutti concordi: se vado a casa con lo 0-0, vado a casa
inverso.
Cose belle in questa frazione di gioco se ne sono viste: il tiro a volo di
Guzman, davvero un’essenza; anche la punizione susseguente ad una pregiata
iniziativa di Wolf non era il diavolo. Moscardelli m’è piaciuto. Tenta sempre
azioni impossibili, ma è generoso e penso sempre che se ci prova con tanta
insistenza è perché si ricorda che gli vengono.
Nel Modena Gemiti c’è, Cardone non lo vedo, ma differenza di rendimento tra chi
gioca e chi è in panca è comunque minima: i gialloblu paiono inesistenti.
Forse lo sponsor funereo deprime o forse è il lutto al braccio a frenare i
canarini.
La dice lunga un’azione in cui Olivi e un modenese inseguono il pallone
rilanciato alla sperandeo. Il nostro è in vantaggio, raggiunge la palla e prova
una finta per disorientare l’attaccante.
Praticamente va quasi ad incasinarsi perché la punta modenese aveva già mollato
la rincorsa da un bel po’
Secondo tempo: non iniziamo con la decisone del precedente e i “domestici” ne
sembran lieti. Adorano giochicchiare lemmi per poi passare o a Pinardi o a
Pinardi (reiterazione voluta).
Questi se la intende mica male con Bruno e le poche volte che vediamo la sfera
pericolosa, son sempre loro due a gestirla.
Atti villani nel Modenese.
Da dietro la porta come siamo non è facile capire le distanze, ma quando l’ala
dx modenese prende palla sembra molto distante e maglie rosse ce ne sono
parecchie tra lui e la rete di recinzione.
Uno due tre interventi goffi dei nostri e il tipo è in porta: Cassano respinge,
la palla s’indirizza verso i piedi solitari di Bruno. Ci si volta di scatto verso
il guardalinee, bandiera rivolta verso il centrocampo, boato (poca gente, però
si sente bene in quello stadio), esultanza.
Il festeggiato non è tanto il nostro concittadino, il merito va all’ala.
Siccome è stato “beccato”, tutta la panca corre ad abbracciarlo.
Lo speaker, leggera evve e voce dalla tonalità commossa, si prende la rivincita
ai non udibili sberleffi del nostro settore, intonando una poesia.
Zoratto si preoccupa di scrivere il lapidario commento alla partita: io segno,
tu no, vinco io.
Il Piacenza è andato, lo vediamo, anche se si spera sempre.
Loro sono in 10 per l’espulsione di Bolano, sicuramente non un beniamino di
casa, sicuramente uno che sa giocare.
C’è un’occasione per Ferraro, l’ ’”Uuuuuuuuuuuuuuh” che arriva da di fronte fa
capire che gli è andata bene.
L’arbitro inevitabilmente tumula la partita su una puntata di Frezzolini e si
torna a casa.
Rimaniamo così nel sogno in cui siamo.
Post-it 1:
segnarsi che per fare una trasferta di
Post-it 2:
segnarsi che bisogna segnare.
Arvodas
PIACENZA-PARMA 1-1 (Rickler, Pisanu)
Mentre su Piacenza calano le prime luci della sera, di fronte all’ex Plaza
trova posto la lussuosa corriera con lo scudettone in giallo e blu simbolo delle
estese fauci.
Mi rimescolo, qualcosa stride e non so se è rendermi conto che il Parma Calcio,
in vista di una trasferta da
L’ultima volta in cui m’imbattei nel lussuoso torpedone parmense stavo
girovagando nel loro centro città, in attesa del goal di S.Inzaghi e lo
interpreto come un buon segno.
Quel giorno riconobbi tutti i visibili, erano un vero squadrone.
Anche venerdì sera ne ho riconosciuti molti.
Premesso: la Canalis non mi dispiace, ma non troverò mai il tempo di invitarla
a cena dopo aver visto da presso Reginaldo. Quando è in tuta, le doti
dell’attaccante non sono così nascoste.
Innegabile: finalmente c’è tensione in attesa della partita. Per i longevi poi
è derby vero, loro han superato indenni le caotiche relazioni calcistiche
intercorse tra le due squadre.
Sugli spalti qualcuno in più c’è, anche se non sono solo nostri; la curva
ospiti ha due spicchi pieni e coi tempi che corrono non è male.
Alle 15 del sabato pomeriggio ho un secondo segnale positivo: la capitale della
coppa da Autogrill decide di giocare con la disgustosa maglietta a righe
gialloblu.
Ad onor del vero non è la più brutta che gli ho visto indossata. Nella
personale classifica degli obbrobri è sopravanzata da quella a righe
orizzontali sempre gialloblu. (per capirci: quella sfoggiata da Pezza qualche
estate fa).
Ma soprattutto è sovrastata da quella bianca con la stella stilizzata dello
sponsor al posto della croce (come ti stava male F.Inzaghi).
La serie B, quel paradiso fantastico tanto bistrattato. A detta di tutti i
massimi esperti è un campionato mediocre, noioso, senza spettacolo, senza buoni
giocatori.
La gara col Parma, almeno sulla pagina, esulava un poco da questi standard.
Allenatore di pregio, giocatori abili, esperienza da cedere: le premesse per
vedere i papaveri macinati c’erano.
Invece la prima frazione di gioco scivola via piacevole. Ci si emoziona a
vedere la nostra difesa annullare l’attacco stellare, si sussulta quando
raggiungiamo la zona tiro, si saracca quando non ci concedono l’evidente
rigore.
“Se questa è l’ammazza campionato sum’ a post….” È la frase più in voga
nell’intervallo, ma suona più come primitivo esorcismo. Abbiam tenuto botta,
però continuano a farci paura.
Il secondo atto è indescrivibile. Succede tutto quello per cui val la pena
essere allo stadio.
Col trascorrere del tempo sembra che il pareggio accontenti i competitori, così
decidiamo di segnare.
Uno di quei goal in mischia, in cui non capisci chi l’ha messa.
I più lesti ne approfittano: “E’ un autogol!”, “Rickler o Iorio”, “boh, ma l’è
propì bell”, “s’agh fiss Gautieri…”. Io vedo Rickler, ma dopo qualche minuto mi
convinco che la prodezza è di Eramo.
Comunque sia, lo annoto come il terzo segnale positivo
La reazione ducale è immediata e ci coglie impreparati. A Piacenza non siamo
abituati a vedere parmigiani serrare i denti.
Una paratona di Cassano, un salvataggio di Olivi, una traversa di Lucarelli; ne
usciamo indenni e rinfrancati. Tanto rinfrancati che confezioniamo due grassi
contropiedi: uno più corale, concluso da Guerra con una gran girata. L’altro
più rapido, con Guerra a giocar palla da campione per Nainngolan. Il belga fa
quasi tutto bene.
Decisamente meglio fa Pisanu sull’azione susseguente.
Il campionario dell’ovvio invade le tribune. “Goal sbagliato goal subito”, “che
squadra cinica, un’occasione e subito a segno”, “è un campionato livellato in
basso”, “nessuno ti regala niente”.
Morale: l’1-1 sottoscritto da tutta provincia prima della gara, non è di
nessuna gioia, non basta.
Il “Grazie Reagan, bombardaci Parma” declamato da tal Max Collini affiora da
chissà dove, ma subito mi pento. Un po’ perché il Collini è artzano, un po’
perché due fette di culatello le mangio sempre volentieri.
Rimane un 1-1 non da sottovalutare. La serie B è il più bel campionato del
mondo checché se ne dica. Son talmente soddisfatto di questa gara ducale che
spero di poterla disputare anche il prossimo anno.
Due cose:
1- Quando Iorio è stato accompagnato a bordo campo per infortunio, ho sentito
gente pregare sottovoce ché non fosse nulla di grave. C’è del miracoloso e non
sono io che odo i mormorii.
Anche le disamine sull’operato di Rantier le ho udite senza alcuna difficoltà.
2- Pezza non è uomo immagine del gruppo caseario parmense e non si chiama
Adriano; la maglietta gli andava bene e questo è tutto.
Arvodas
PIACENZA-SASSUOLO 2-2 (Zampagna, Rantier, Rea,
Moscardelli rig.)
Finisce 2-2 una bella partita che ha riacceso le poche anime che ancora si
affannano a seguire il Piacenza Calcio.
Sassuolo non ha colpe per avere una super squadra. Non vantare tradizioni ma
esser ricchi non è peccato. E son davvero una bella squadra, giocano a memoria
da diversi anni e i nuovi innesti son talmente forti che non hanno portato
crisi di rigetto. Sugli spalti manca l’elettricità dell’ultima partita
domestica. Vuoi per la non dimenticata soddisfazione indotta che ci regalarono
i ceramici lo scorso anno, vuoi perchè siamo sempre più consapevoli della forza
di questi biancorossi.
Nelle difficoltà esce il cuore e questi ragazzi dimostrano di averne tanto.
Non c’è fase di studio, i neroverdi di gagliardetto, ma blu di maglia
cominciano forte, il Piacenza è ordinato, non soffre e ribatte senza affanno.
Le trame sono piacevoli, al sole si sta bene e la gente si adagia. Così quando
su un bel coro della curva, si sovrappone quello del rettilineo con testo
differente, Olivi decide che bisogna romper la fiacca. Passa dritto la palla a
Zampagna il quale accetta il dono e dopo una signora corsetta trafigge Cassano.
Saggio Olivi.
In rettilineo ci sono, come sempre, tifosi ospiti ad esultare in modo diciamo
provocatorio. L’animosità dei vicini di posto, già innervositi dal goal preso
schizza incontrollata. A mente fredda potevamo capirli. Non aver tradizioni
significa non essere abituati alla disciplina sportiva. A me comunque quella
signorina che con grinta ci fronteggiava non dispiaceva per niente.
Pioli guarda attento, vede una certa lentezza nei sincronismi difensivi dei
sassuolici e ordina di giocare a volo. Sbaglieremo qualcosa, ma è l’unica
maniera.
Il pari arriva per merito di Rantier che corona una congeniata quanto veloce
azione. Mentre lo vedo inserirsi, ho il tempo di pensare: “L’ha gnamò ciapè la
porta ist’ann, propi a lù g’ha da capitegh cul balon lè?”.
Ma il francese non sbaglia e invia il cuoricino in tribuna.
Festa grande. La segnaletica di inguini a chiaro utilizzo dei sostenitori
ospiti aumenta vertiginosamente, così come gli inviti a munirsi di parapioggia.
Neanche lo spazio di salutarci per bene nell’intervallo che quando riprendiamo
stiamo già perdendo e la cosa non è bella.
E’ però chiaro a tutti che sarà solo una situazione transitoria. Entra Guerra,
uno che a pallone sa giocare e non si cura di 3-4-3, 3-5-2 e di tutte le altre
varianti. Lui prende la palla e punta la porta. Si guadagna la punizione da cui
scaturisce il primo sacrosanto rigore, approfondisce la manovra che a volte
fatica ancora a sgarbugliarsi nei metri finali: per me un campioncino.
Dovere di cronaca (sostantivo), Moscardelli lo tira molto bene: portiere verso
un palo, pallone soffice verso l’altro.
I minuti per cercare il premio intero ci sono e per un certo lasso ci crediamo.
Solo che al primo segnale di riorganizzazione degli avversari, prendiamo un
briciolo di paura e ci accontentiamo.
Saggio anche Pioli, vincere è bello, pareggiare in rimonta lo è altrettanto,
son solo due punti di meno.
Domenica mattina sciorino i giornali locali, il dubbio m’assale.
Ma cosa vado fare allo stadio se capisco così poco e vedo così male?
Votacci per tutti, critiche al limite dell’infamia, difese dei propri pupilli
patetiche.
Salvaguardando la libertà (ancora un sostantivo) di pensiero altrui, rimango
comunque convinto che tra i notevoli problemi che stiamo attraversando come
tifoseria, la parte del leone la faccia la stampa.
A Piacenza tutti seguono i biancorossi, non vengono allo stadio, ma si
documentano.
Se parli a qualcuno assente della partita di ieri, fatichi a spiegargli quello
che davvero è stato. L’han letto sul giornale “I seguitan a szughè meel”.
E allora forse è meglio non capire niente, continuare a guardare i ragazzi
sudare e condividere con loro i momenti buoni e quelli meno.
Esser preso in giro è fastidioso, sia che lo faccia un tifoso ospite che si
mette a ballare, sia che lo faccia un giornalista che giudica insufficiente il
Simone.
Note a parte:
- Siete bellissimi quando ci ringraziate ad inizio gara: vada come vada
cercheremo di esserci sempre lì con voi.
- Daniel torna presto: Wir warten auf dich!
- Guzman non toccarti, portan bene gli striscioni
Arvodas
PIACENZA-AVELLINO 1-2 (Vasko, Anaclerio, aut. Abbate)
Per tutta risposta alle quotidiane raccomandazioni
del mister Pioli di prestare attenzione alla partita con l’Avellino, perdiamo
male e con un autogol. Le scusanti ci sono: siamo rimaneggiati, la squadra è
giovane, il pizzico di fortuna ha sempre fascino. Nessuno centra il vero
problema: la bomba.
I ragazzi erano tesi, stanchi, provati da notti insonni provocate dall’incubo
Tri Nitro Toluene.
Non s’è parlato d’altro in città per tutta settimana.
Un signore al bar raccontava :- Quando i caccia bombardieri sorvolavano i
nostri tetti, mio padre indicandoli mi diceva “Si g’avissan da caschè in d
l’ort, ienn i noss e l’è tùtt rutàm bon”.
Cupidigia d’altri tempi.
Eppure a Piacenza siamo abituati a conviverci: la bomba di riso, la Madonna
della bomba, Pippo il bombarda, Tomasoni… e da ieri purtroppo vivrà anche la
partita della bomba.
L'inizio gara l'avremmo sicuramente incorniciato, se almeno un attaccante
avesse centrato la porta come si deve. Passiamo ovunque e comunque, ma di far
portare il pallone a centrocampo non se ne parla. Gli irpini, passata la
sfuriata, non tentano di organizzarsi. Danno più l’idea di puntare tutto su una
caotica gestione della partita, vuoi per direttive tecniche, vuoi per bagaglio
competenze non da brividi. Eppure, pian piano, i biancorossi cominciamo a
sbagliar troppo e loro si trovano in porta in due circostanze. In una sbroglia
Angie Iorio, nell’altra Cassano regala spettacolo.
Questa, scopriremo di lì a poco, era solo una prefazione; sul calcio d’angolo
scaturito dalla parata arriva, infatti, il goal dei verdi. L’urlo composto
sopra le nostre teste c'esibisce l’efficienza degli steward; i loro sforzi tesi
ad isolare gli ospiti in un settore, dà buoni frutti.
La deflagrazione rintrona la nostra difesa, uno degli 11 ambientalisti in campo
si beve il diretto marcatore, salta anche Cassano, ma con la rete sguarnita
decide di calciare forte e a lato.
Contrazione rettale contagiosa. L’allenatore, stipendiato per non averne, si
gioca la briscola alta; s’infortuna Olivi, lo sostituisce con Guerra.
Nell’insipienza mi dico che forse è un po’ prestino. C’è da recuperare, vero,
ma un centravanti per un difensore a più di un’ora dalla fine, la sento come
giocare il tre con l’asso in giro.
Simone è gelido, non l'imbrocca, ma porta fortuna eguale. Pareggiamo i conti
con Anaclerio che viso a viso col portiere, non sbaglia e festeggia con la
cullata l’arrivo del pargolo.
Gelido, ma in un altro modo.
Finisce il tempo, Guerra sfrutta l’intermezzo per completare il riscaldamento,
io per cercare la digestione: la polenta con le cipolle è ruvida in notturna.
Pozzi, uomo pronostico, esce con un catastrofico: “sa vinsum mia, stcianc la
tessra”.
Spero non lo faccia, perché ciò che Avellino dona, Avellino toglie. Dopo un
modesto scampolo di gara in cui i contendenti cercano di rileggere la partita,
arriva il nuovo sorpasso.
Da dove sono non vedo l’esatta dinamica, ma è chiaro che Abbate la mette nella
nostra porta.
E’ chiaro soprattutto perché la squadra campana non sa come festeggiare il
goal, mentre arbitro e guardalinee, perfettamente a loro agio, incedono alla
macabra danza di convalida.
Eppure pochi minuti prima Radja aveva avuto una ghiottissima palla goal, forse
migliore di quella avuta col Parma. Richiedeva solo un piccolo cambio di passo
per arrivarci col piede preferito e soprattutto un po’ più d’equilibrio.
Pozzi e molti altri si convertono alla rilevanza del punto.
Entra Stamilla in vece di Rantier. La sua corsa, forsennata e costante è tutto
ciò a cui c’aggrappiamo sugli spalti. Quando Alessio è spintonato brutalmente
in area, è proprio lì davanti a noi e soprattutto lì davanti al “segnialignee”.
Pregustiamo la seconda impresa consecutiva invece l’assistente arbitrale si
perde l’azione causa la rimozione di una pellicina vicino all’unghia che lo
faceva ammattire.
L’ultimo sussulto lo regala Guerra, la sua girata è di poco a lato, ma ci siam
vicini, l’è marud.
Finisce in sconfitta, la classifica inevitabilmente si accorcerà questa
settimana, nel frattempo la bomba l’avranno rimossa e torneremo alla normalità.
Come dice Tosca: nel bene e nel male sarùm sempar chè.
Bentornato Alessio, mi sei mancato.
Note a parte
Grazie sconosciuto gentiluomo/donna, aver vinto il ribrezzo naturale verso i
rettili squamosi ed aver raccolto l'iguana morente ti iscrive di diritto tra
gli eroi. Noi glielo ripetiamo spesso che girare a dorso nudo d'inverno è
pericoloso, ma lui è cocciuto.
Complimenti vivi ai tifosi dell'Avellino: allo stadio ci sanno stare eccome.
Arvodas.
EMPOLI-PIACENZA 3-2 (Aspas, Corvia, Lodi, aut. Rickler,
Bianchi)
Che cosa sia successo ad Empoli molto probabilmente
non lo sanno nemmeno quei pochi che han seguito la squadra in Toscana. Io son
stato al bar, questa è una finta cronaca.
Dopo 10 minuti siamo in vantaggio con un goal di Aspas, cui già avevo tirato
tutte le maledizioni che un liscio in piena area richiede. Abbate nella
circostanza ha confermato quanto spesso si sente allo stadio: non è un
difensore. Lo scrivo per crederci. A Matteo erano appena stati respinti in
fallo laterale due lanciassi dalla trequarti. Bene, riceve palla da Riccio,
scavalca con un pallonetto l’accorrente avversario, addomestica uso foca il
pallone e crossa. Aspas pressato liscia, ma la palla gli rimane disponibile e
da terra infila.
I biancorossi, assidui lettori delle interviste a Beghetto Luigi (del resto c’è
poco altro da leggere, deve esser la terza dall’inizio di campionato), hanno
fatto tesoro dei suggerimenti impartiti dall’ex capitano e si percepisce.
Quelli che giocano sono i soliti, alla radio dicono che il modulo è
completamente diverso e voglio crederci.
L’Empoli sbanda, sarà la maglia uso Pro Patria (solo sul davanti), sarà che le
certezze scricchiolano, ma potremmo infilarne almeno un altro. Prima un tiro di
Rantier da masèl, poi una bella azione di Moscardelli sparata alta. C’è una
deviazione, vero, però da lì m’aspetto sempre qualcosina in più.
Poi cambia tutto, si comincia a chilare e questo la squadra che vuole salvarsi,
non può permetterselo. Eloquente un corner di Vannucchi giocato verso un
compagno fuori area, i nostri s’interrogano sul perché lo abbia calciato a quel
modo. La palla è restituita al Vannucchi che va in porta da solo; la
conclusione è a lato per puro caso.
Arriva il pari, immeritato, ma ci sta. Corvia, snobbato elegantemente a centro
area, raccoglie una punizione alla Patrascu e insacca.
Colpa di Cassano? Per me no, poteva uscire certo, ma la palla sorvola decine di
teste prima. Ci fosse stata una deviazione con lui fuori, non avremmo avuto
dubbi sul di chi fosse la colpa.
Fine primo tempo, 1-1 e recriminiamo: non male.
Secondo tempo. Una punizione, forse evitabile, di Lodi decide il sorpasso.
L’impressione mia, non sostenuta da altri quindi fasulla, è che ci sia una
deviazione.
Reagire: il tempo (come la ragione) è dalla nostra parte.
C’è una gran parata di Bassi su colpo di testa di Rantier, ricordo anche una bella
testata di Abbate. Non risolviamo i problemi di fondo, ma siamo vivi.
Che non fosse giornata per Rickler lo si era già visto in precedenza, ma
l’autogoal è la conferma che quando c’è nervosismo, se le cose sono a girar
male, si riesce unicamente a farle girar peggio.
Sul 3-
E’ davvero l’ultimo, 3-2 e molto da recriminare: male.
11 calci d’angolo battuti, con Iachini avremmo vinto
Note di colore
Grande Amorini che conta i nostri tifosi “5... avran fatto una macchinata”. Poi
ne compaiono altri due e comincia ad annaspare sui modelli in produzione.
A me piace molto l’idea di far viaggiare in treno la squadra, chissà se a loro
piace altrettanto.
La cosa che mi spaventa del treno è l’idea di guardar fuori dal finestrino e
veder andare nell’altra direzione la …..mannò dai, è solo un problema di
alimentazione. I piatti invernali sono più pesanti da digerire e avere incubi è
congenito.
E’ inverno, sono nudo, quindi spero.
Arvodas
PIACENZA-TRIESTINA 0-2 (Princivalli rig., Allegretti)
M'è veng fòra i muroid.
A furia di tener stretto, ho passato dei brutti momenti con l'entrata di
servizio in questo fine settimana. La partita con gli alabardati centra poco.
Ci hanno tritati. Son venuti a fare quel che si definisce "prova di
carattere". Nessun fronzolo, ben disposti, cattivi come deve essere una
squadra consapevole di quel che vuole ottenere. Probabilmente le statistiche
premieranno il maggior possesso palla degli 11 allenati e motivati da mister
Pioli. Più spietati saranno i numeri indicanti la quantità di occasioni create
e i tiri nello specchio della porta effettuati dalle due squadre. Poi che in
una partita ci sian episodi positivi e negativi, è come stupirsi di vedere
pavesi (assessori e non) e cremonesi sulla Caorsana.
La punizione di Guzman che si riproduce sulla traversa è bella come quella di
Allegretti, ma vale meno. La valenza sarebbe identica se Bianchi approfittasse
della comoda occasione. Non l'ha fatto, però non ci si può aggrappare a questo.
Cassano ha fatto tre parate quando già avevo spostato la biglia sul
pallottoliere.
L’episodio infausto ad onor di causa concorre nel vantaggio giuliano. Il rigore
a loro assegnato supera di molto i canoni dell'ospitalità che ci
contraddistingue. Allo stadio continuo a capire poco, ho battezzato solare la
massima sanzione, in base alle scarse proteste vedute. Col senno di poi era una
reazione fatalista, dovevamo prendere il goal e il momento era giunto.
Consolazione di giornata è che non son l'unico ad andare allo stadio e capire
niente. Sentivo gente dare dell'asino a Cassano, per aver battezzato fuori il
tiro, per esser stato troppo avanti, per non essersi seduto sulla traversa.
Sentivo che la Triestina stava rubando, che non aveva fatto niente per meritare
la vittoria, che eran dei "massalini". Detto tra noi, "i'enn rob
da matt".
Purtroppo lo sproloquio da stadio non s'è limitato a quelle semplici pochezze.
Sono arrivati i primi folcloristici "Salta la panchina",
"Onorate la maglia che portate" "Andate a lavorare".
Morale: c'è un filotto negativo, una classifica non bella, uno Stamilla che,
preoccupato di essere messo in ombra dalla dipartita di Alessio II, capeggia
moti insurrezionali con la stessa grinta che gli si riconosce in campo.
Sia chiaro questa gran mescolanza disordinata non è colpa del pubblico. Non è
nemmeno colpa di Pioli, il cui tribolare continua ad essere comunque
apprezzato. A legger gli opinionisti massimi la colpa è dei ragazzi. Qualcuno
si spinge a strillare "Bambini fatevi da parte, se non siete capaci".
I più fantasiosi imputano tutto al silenzio del presidente.
Eppure i sintomi di astringimento posteriore, non sono legati a nulla di tutto
ciò.
Tra qualche mese compiremo novant’anni. Il numero 90 nel calcio è molto più
simbolico del 100. Indica quel momento in cui si è aldilà del bene e del male;
è l'omega, la riga lunga tirata per determinare il totale.
Non è molto piacentino “la paura fa
"Savèi ad iess luc, vol samò dì bota" è invece un’espressione
nostrana a cui farei riferimento per il resto della stagione. Aver chiaro il
nostro obbiettivo, su quali risorse possiamo contare e soprattutto attingervi
per conseguirlo.
Stare tutti dalla stessa parte è impossibile, ma non è un problema. Sulle
battelline non ci si dispone tutti da un lato e il motivo è fin troppo ovvio.
Note di colore
Al Beltrametti giocavano in contemporanea.
La Triestina aveva la maglia nera e sembravano due in più.
Il Chitone di Teleducato ha detto (riferito a Cassano): “non si può morire in
serie B”, mentre io ci farei la firma
Poche cose, da dimenticare in fretta.
Arvodas
BARI-PIACENZA 1-0 (aut. Rickler)
Non è un brodo in terza, assomiglia più a un brodino d’ospedale quello assaporato
nel Tavoliere dal Piacenza. Torniamo con il conforto della prestazione, la
bella carne col nervo morbido l’abbiam lasciata tutta là, se la mangeranno
accompagnata con frutta alla senape. Dicono sia buona, ci fidiamo.
Se dopo questa gara il tecnico piacentino avesse dichiarato: “Siamo una squadra
giovane, dobbiamo crescere” c’avrei creduto. Abbiamo giocato bene per un ora,
rispondendo impavidi e animosi alla maggior caratura tecnica dell’avversario.
Se si eccettua una gran parata all’inizio di Cassano, gli avversari non han mai
visto l’area. Poi una sbavatura difensiva, un prodigio del nostro portiere
purtroppo vanificato dalla successiva conclusione (peraltro malauguratamente,
ma non maldestramente come d’abitudine, deviata) e il flipper assemblato in
ritiro a Roma va in tilt.
Su un campo reso greve dalla pioggia, Pioli decide di spedire un segnale
chiaro: “Ho in mano la situazione, ho l’appoggio della società, posso fare come
meglio credo per uscire da ‘sta situazione”.
Fuori Angilon Iorio per serio infortunio, fuori Zammuto per noie muscolari, si
ridisegna la difesa spostando Anaclerio nel suo ruolo naturale di centrale.
Sulle fasce due giovani di belle speranze quali Calderoni e Avogadri a
rimpolpare l’argine mediano che prevede i soliti Riccio e Nainggolan.
L’attacco è affidato ai piccoli Aspas, Guzman e Rantier. Dolmen Moscardelli
siede triste in panca.
La banda Bari è formazione di assoluto rilievo nel panorama di questa serie B,
c’è qualche defezione, ma non se ne accorgerebbe nessuno se non ci fosse l’ex
Colombo titolare.
Come detto: animosi e impavidi, al pari dei due teatri di Carrara e Sarzana,
proponiamo un gradevolissimo spettacolo nell’astronave di Renzo Piano dedicata
forse al Santo Patrono forse al noto cantante. Un amico segnala che la casacca
del Bari ha un gusto retrò, ma glisso perdonando la sua scarsa dimestichezza
con gli alcolici: la maglia è quella di sempre bianca con le righe rosse ai
lati. Non c’è tempo per i curare dettagli, il Piace gioca bene, il Bari va in
affanno. Donda non trovandosi di fronte l’amico Simon è in confusione assoluta.
Sembra di vedere Bogdan in quelle giornate un po’ così. Dai suoi svarioni
spesso inneschiamo rapidi contropiedi, purtroppo mai decisivi. La sala del
solito bar si spacca: chi vede le partite con Ancona e Brescia, chi vede quelle
con Modena e Treviso. All’inizio penso sia dovuto al fatto che ci sono due
schermi, uno luminosissimo, l’altro opaco. La guardo su quello smorto, c’è più
posto. La mia impressione è che si possa fare bene.
Dopo il goal sudicio (perché deviato, niente di personale) di Kamata, le
infondate certezze tremano come le gambe dei nostri. Esce Aspas per Moscardelli
e la coppia di sconosciuti maschi che condivide il mio tavolo sentenzia: “si
mette ad albero di Natale”.
Non è proprio cosi, ma ci vanno vicino. Il Davide è immalinconito, la panca non
gli ha infuso rabbia. Entra in campo e si radica nella sua zona, in attesa di
quel pallone che mai arriverà.
Con due luminarie la Confesercenti di Bari avrebbe avuto il suo alberello a gratis.
Quarta sconfitta consecutiva, l’anno scorso la serie positiva ci strappò dai
guai, oggi quella negativa ci fa passare una Santa Lucia senza regali.
Occorre vuotare la testa da ansie e preoccupazioni. Capisco che a Piacenza
qualcosa di innaturale stia accadendo. Prima spariscono le api, adesso sembra
scompaiono le lucciole, ma non facciamoci prendere dal panico. Le api sono
molto intelligenti, prima o poi capiranno cosa bisogna fare. Per le simpatiche
coleottere lampiridi ci informeremo.
Arvodas
“Sciabl mano”
ordina il Comandante.
“Savoia”
è l’urlo di risposta
dei Cavalieri.
“Passooo, trottooo,
galoppooo”
Suona la tromba
“Caricaaa…”
Il pianoro risuona
dello scalpitio
di mille zoccoli.
Qual fiume in piena
che travolge,
gli squadroni velocemente avanzano…
puntando sul nemico.
È la carica.
È la cavalleria.
Così scrive il mio caro amico Gianfranco, ufficiale di Cavalleria, partito
volontario per l’Africa orientale, nella sua ultima fatica letteraria.
“Non avevamo paura di niente. Il coraggio è importante per un Ufficiale perché
devi essere tu a dare l’esempio, altrimenti non ti seguono. Ma ci vuole fortuna
per portare a casa la pelle”.
Ecco, non è stata proprio una carica, nel senso compiuto del termine, la
partita col Pisa. Eravamo in emergenza, l’avversario era forte, ma siam scesi
in campo senza angosce, sicuri di poter dire la nostra. E la sorte è sempre
benigna con gli audaci.
Se rigiocassimo cento volte questa partita, forse non la vinceremmo sempre e
poco importa.
Tutti avevamo presagi funesti intorno alle 16, sicuramente anche il condottiero
Pioli avrà fatto i calcoli sulla possibile sconfitta. I problemi non si sono
smaterializzati, però è una gran cosa aver vinto, piantare il vessillo
biancorosso sull’Amba pisana (Amba: montagna isolata di forma tronco-conica
tipica dell’altopiano etiopico. Qui è usata perché si parla di Cavalleria e per
non cadere nel solito clichè della torre pendente) è stato magnifico.
Parole è inutile vergarne, sarebbe solo un superfluo esercizio di stile. Per
descrivere cosa è successo sabato nella tinozza rabberciata del “Garilli” ne
basta una: emozione… al plurale.
Davvero un bel dono quello che ci han fatto i ragazzi, io per il Natale 2008
sono a posto. Non bisogna essere ingordi.
Note di colore.
I sostenitori toscani son giunti in un bel numero. Lo scorso anno erano di più,
ma è stato bello uguale. E’ scappato loro un “siete ridicoli” e qualche altro
coro ostile, utilissimi peraltro a risvegliare quell’orgoglio che ogni tanto si
assopisce.
Spettacolari i ragazzi “Cumpagnia bella” con due cuffie e quattro ugole han
saputo creare il giusto clima natalizio. E’ motivo di rammarico non seguirli.
Bellissimi gli abbracci al goal di Guzman e soprattutto dopo il rigore parato.
A volte sembrano un rituale preconfezionato, in queste occasioni ci accorgiamo
di quanto sian veri e desiderati.
Pioli sarebbe rimasto in sella, anche in caso di funesto risultato. Il Re lo ha
detto tra le righe della sua annuale intervista.
Buon Natale, purtroppo senza calcio.
Arvodas
Qualche mese fa mi son fatto scaricare (legalmente, è sul loro sito) il cd dei
Numero6, un gruppo genovese la cui musica incuriosiva. Pioli, con cui ci
scambiamo spesso informazioni su gruppi emergenti, mi fa: “Si non sono male, ma
la cosa interessante è che tutto parte dalla frase del prof. Scoglio: - Io non
faccio poesia, io verticalizzo- . Ce l’ho tatuata”.
Sabato sera a cena, parlando della partita, spiego alla Gentilotti cos’abbiamo
visto allo stadio. “Partita preoccupante, nei primi 10 minuti siamo andati
nella meta campo avversaria solo per vedere se c’era ancora”. “Mi fan ridere i
moduli 4-3-3, 3-5-2 4-3-2-1….sulla lavagna puoi far tutto, ma se poi gli dici:
-Oh mi raccomando: voi 8 non vi sganciate per nessun motivo-, è dura vedere
giocare”. ”Mio fratello qualche mese fa diceva che a Piacenza sosteniamo
Moscardelli solo perché è grosso e ci fa più paura di Simon. Pensavo fosse una
bella battuta, invece ad oggi la vedo in modo differente”.
E così via, un campionario di critiche gratuite, di quelle che animano ancora i
bar (solo i bar) di Piacenza. Stefano, incuriosito dal cozzare delle parole con
l’espressione gaudente chiede:
-“Ma sei contento o no?”
-“Scherzi? Sono più contento. Questo è il calcio che adoro, alla faccia (ci
vuol sempre qualcuno su cui scaricare rabbiosamente le proprie convinzioni) di
chi dice che si deve arrivare ai risultati attraverso il gioco. Si deve
arrivare al risultato e basta; ci si deve arrivare anche svirgolando il pallone
ad ogni rinvio, anche senza infilare due passaggi consecutivi, ma non mollando
niente. Il goal è la gioia collettiva, non farlo fare è la gioia di chi ne
capisce il valore fino in fondo.”
Oggi dopo 3 risultati utili, si comincia a parlare di continuità. Avendo avuto la
fortuna di vederlo questo incoraggiante filotto, sono convinto che non sia
assolutamente frutto di una stabilità raggiunta. I segnali positivi arrivano
sempre a strappi, ma arrivano e soprattutto è molto chiaro al tecnico come ai
ragazzi, che solo nell’essere squadra v’è salvezza (non redenzione).
Filippo Merli, nell’ articolo preliminare all’incontro, paragona
Piacenza-Vicenza ad una partita di scacchi. Aprendolo e chiudendolo con la
frase: “Solo Bobby Fischer” , mi convinco che fosse agli sgoccioli con la
creatività (anche se calorosamente lo ringrazio per aver spolverato il ricordo
di quelle grandi sfide con Spasskj). Invece, era quella chiave di lettura.
L'arrocco è un movimento combinato, di cooperazione, ma è una mossa che il Re
può eseguire un'unica volta durante la partita, pertanto il Piacenza decide di
“arroccare lungo” per tutto il primo tempo e carpire le intenzioni avversarie.
Gregucci non è sereno, ma le regole son regole.
Nell’intervallo mentre noi discutiamo della maglia nera vicentina, giudicata
più bella della nostra con quella riga biancorossa cucita sul didietro, Pioli
decide la mossa vincente: la presa al varco o "En Passant" del
pedone. È una mossa che si verifica raramente ed è una delle più difficili da
comprendere per il tifoso.
Fuori Calderoni, dentro Rantier. La presa al varco si può fare solo quando il
pedone, con il doppio passo iniziale, entra nella zona di presa del pedone
avversario. La regola impone che la cattura avvenga immediata, altrimenti dopo
una mossa, non è più possibile.
Noi abbiamo atteso fino all’81° e vi assicuro che mosse precedenti da parte
nostra non se n’erano viste, quindi massima regolarità.
Dal goal alla fine sento solo paura di non farcela; in campo però i papaveri
non concedono niente. Mengoni, subentrato ad Abbate dimostra di essere il
giusto rinforzo difensivo del mercato di gennaio. Cassano, come John Holmes,
rende la critica concorde sbrogliando a dovere le furenti repliche avversarie.
Margiotta entra più o meno allo stesso minuto in cui lo inseriva Iachini, la
voglia di mulinar le braccia è molta, il pubblico lo capisce e gli dona un
affettuoso saluto.
L’ultima azione della sfida è un nostro contropiede interrotto con un fallo.
Era possibile la concessione del vantaggio, ma non ci sono state proteste. Con
la palla ferma sappiamo di poter perdere gli ultimi secondi in una botte di
ferro e soprattutto sappiamo che abbiamo vinto. Gli ultimi 3 fischi arbitrali
valgono 3 punti; mica male.
Ho letto ieri sui giornali che la signora Garilli se ne va.
I contestatori non centrano, sono i locali della sua tabaccheria a non fornire
le adeguate garanzie di sicurezza.
Arvodas
CITTADELLA-PIACENZA
4-4 (Guzman, Iori rig., Moscardelli, Guzman rig., Bonvissuto, Gorini, Oliveira,
Rickler)
Partita senza logica quella di sabato a Cittadella, il risultato può esumare i
giochi pirotecnici di Fuorigrotta (non li ho mai visti), ma non è stato quel
gran spettacolo. Otto goal, qualcuno anche interessante ad esecuzione, tre
rigori e soprattutto molti, molti errori, eppure la miscela risulta annacquata.
Illusi da una difesa che non prendeva goal da 3 partite consecutive, il
Piacenza entra nello stadio dell’illusione cremonese. Confesso la mia
inquietudine quando all’impianto sportivo manca un segmento; quella curva
assente è una finestra troppo grande, non giova alla concentrazione di chi è in
campo e ancor meno di chi è sugli spalti. Foscarini è un allenatore attento ai
dettagli e sa come gestire questa situazione: nel primo tempo attaccano verso
la nostra tribunetta, tanto poi nel secondo viene buio e non vedono più niente
oltre la porta (e quella lì la vedono eccome)
I ragazzi in granata sono tesi, gli è luminoso il valore della posta in palio.
Il n° 32 è la Carpa, schierato esclusivamente per catalizzare gli insulti della
non oceanica tifoseria ospite. Nel libretto di un disco (gli Ignoranti – Vi
fregano le ragazze) che non ascolto da una vita, c’è una dedica che all’epoca
fu decisiva per l’acquisto: “A Marco Carparelli per aver reso felice una
città”. Il soggetto in questione aveva appena firmato l’1-0 nel derby della
Lanterna. La Carpa mi piaceva eccome e il Genoa era una squadra simpatica…le
cose cambiano.
Sembra la solita partita del Piace, qualche sbavatura, l’impostazione
approssimativa, ma nulla di preoccupante. L’innesco della disfida arriva da una
punizione procuratasi dal Moscardelli. Sulla palla c’è Guzman. Mi sposto di
qualche gradino per recuperare un po’ di prospettiva e comunico al Peppo “E’
goal” e indico l’incrocio alla sinistra di Pierobon. Parte il tiro, la rete si
scuote, la palla è entrata, sicuramente non nel punto indicato. Il più è
comunque fatto, possiamo solo vincere.
Invece due rigori consecutivi, di cui solo uno parato, portano in parità il
risultato.
Firmavamo lo 0-0, continuiamo imperterriti a sostenere l’importanza del punto.
Nell’intervallo c’è la gustosa esibizione della “Zilia” la mascotte di casa a
forma di torre. Chissà come se la son goduta qualche mese fa i giovani
lombardi.
Entra Mengoni per Calderoni, l’interpreto come un tentativo di bloccare la
partita e in qualche modo sono contento. Anaclerio spostato sulla fascia si
propone 3 volte consecutive, due da dimenticare, alla terza passiamo.
Moscardelli, dopo averla messa, vorrebbe esultare con i tifosi, poi ci ripensa
e rimane lì a mezza via.
Qualche minuto ancora, altra punizione in attacco. Guzman mira bene, il braccio
di uno in barriera evita di vedere la fine della traiettoria. Rigore e goal del
n° 20 piacentino.
Neanche il tempo di scherzare sul “disagio veneto” che in rapida successione
prendiamo 3 goals. Quello che fa male è il pari, quello del sorpasso è l’unico
filo logico di tutti i 90 minuti. La tribuna scoperta scandisce
“cinque-cinque-cinque”. Invece la partita cambia, ma il Piace c’entra poco. Il
Cittadella che sul 1-3 godeva dei benefici della testa sgombra, dovuti al
“perso per perso”, si trova a dover gestire la paura di vincere. In pieno
recupero, un pallone che rilanciamo a casaccio rimane a metà tra portiere e
difensore avversario. Il portiere esce, il difensore lo mette fuori causa.
Rickler ha seguito il tutto. Noi esultiamo, ma il nostro difensore sembra non
arrivare mai alla palla che ruzzola lenta verso il fondo. Quando il
biancorosso, in scivolata, imprime il cambio di direzione, noi stiamo ancora
esultando. La sfera percorre lentissima tutto lo specchio della porta, colpisce
il palo e finalmente entra. Non esultiamo più, stremati da questa partidlassa.
Punti persi? Punto guadagnato? E’ il punto che volevo, mi sarei solo
risparmiato i grotteschi passaggi per arrivarci.
Note a parte.
Pioli vedila come vuoi, ma Abbate è un centravanti.
Lo sceicco cui è stata proposta l’acquisizione del Piace è raggiante dopo aver
constatato che macchina da reti siamo.
Il biglietto acquistato in prevendita, porta lo stemma “Lega Pro”, basterà toccarsi
i maroni o la squadra saprà capitalizzare i propri errori?
Arvodas
LIVORNO-PIACENZA 3-0 (Tavano, Diamanti, Rossini)
Livorno Lavora.
Quando Rossini ha infilato per la 3° volta la nostra porta eran passati circa
30 minuti e la rotazione dei tabelloni pubblicitari a bordo campo si è fermata
sul logo dell’agenzia di impiego interinale e temporaneo di cui sopra. I pochi
piacentini presenti comunque se n’erano già accorti che Livorno stava lavorando
e pure con un certo profitto.
Acori è un rancoroso. La scorsa stagione, sotto un’acqua fastidiosissima, gli
scippammo 3 ricchi punti in quel di Rimini e non l’ha mai digerito. Ha
organizzato tutto lui: ha fatto piovere ancora, s’è fatto comprare Miglionico e
per non correre rischi ha schierato Tavano, Diamanti e Rossini perchè non si sa
mai. Se va tutto come deve andare, per la prossima stagione non ci sarà bisogno
di acquistare biglietti per Livorno-Piacenza, quindi son raccomandazioni
inutili. Ma se vi capita di doverci andare, sappiate che le biglietterie sono
al Palasport; che se incontrate una con indosso la pettorina della Società
labronica, è inutile chieder informazioni e soprattutto che si può trattare il
prezzo del tagliando. Almeno, quelli davanti a noi lo stavan facendo.
Durante il viaggio d’andata, non è scaturita un’opinione condivisa a larga
maggioranza sul pronostico: chi presagiva la loro goleada, chi sicuro
sentenziava: “Se giochiamo, vinciamo”.
La sicurezza di questa affermazione è durata fino allo svincolo per l’Ardenza,
dove la segnaletica stradale informa dell’esistenza di un paese a nome
Salviano. Siamo ancora in fase di imbocco quando dal sedile posteriore si leva
un mesto: “Noi non ci Salviano”. Gelo nell’abitacolo.
Sto ancora assaporando il fascino dello stadio deflorato quando segna Tavano.
Sto ancora saraccando per l’occasione mancata da Moscardelli quando vedo Riccio
saltare a vuoto sul corner di Carboni Cristallizzati (ogni tanto non riesco ad
arginare la formazione tecnica), allora decido di concentrarmi.
Basta un attimo: uno striscione giallo con la scritta: “Spinelli il più grande
presidente” e un sacco di giubbe antipioggia dello stesso colore. Distolgo
l’attenzione dal prato nel tentativo di individuare il presidentissimo, ma è
impossibile. Più agevole è il verificare che l’arginella eretta da Pioli ha
ceduto di schianto. Sembra una partita del giovedì, quelle in cui il Piacenza
va ad allenarsi in provincia.
Da lì in poi solo acqua, sostituzioni e un rigore errato da Moscardelli. Povero
Davide, ha tribolato in lungo e in largo, preso dei nomi da tutti…ci voleva
anche questo cordialino per tenersi su.
Oltre al rigore l’unica cosa da segnalare nel secondo tempo è stato un rinvio a
campanile di un livornese, tutti fermi ad osservare la traiettoria dell’ogiva,
tutti tranne Avogadri che va a respingere di testa.
Il ragionier Ugo, commosso, ringrazia per l’omaggio.
Al triplice fischio i calciatori, anziché infilarsi nel sottopassaggio
(supponiamo allagato), attraversano il parterre della tribuna per raggiungere
gli spogliatoi. Piove talmente forte che la gente manco se ne accorge di questo
inusuale incrocio. Vedo Passoni ricevere calorose congratulazioni, per niente
fasulle, dai suoi ex tifosi: non volevano rimpiangerlo, non si è fatto
rimpiangere.
E’ andata male, consoliamoci con la massima “I campi pesanti penalizzano la
squadra più tecnica”.
Mister Arkadin in “Rapporto confidenziale” ci racconta la storiella della Rana
e dello Scorpione per farci capire che si può modificare tutto, tranne il
carattere.
Mister Pioli sta lavorando per darci un carattere, alle modifiche penseremo in
un secondo momento.
Mi manca mio padre quando rientro da questo tipo di trasferte; la sua formula
canonica era:
“I ciapè una bèla rangièda eh?”
“Si”
“Et anca ciapà so?”
“No”
“Bein alùra at po’ andegh ancùra”.
Quando perdo non sono incline al dialogo.
Arvodas
PIACENZA-ANCONA 2-0 (Ferraro, Olivi)
Allenatore:- Di che cosa ha bisogno il Piacenza per trionfare?
Squadra in coro: - Perché i biancorossi possano trionfare c’è bisogno di
collaboratori fedeli, di calciatori disciplinati, di tifosi intransigenti.
Allenatore: - Chi è il fedele collaboratore del Piacenza?
Squadra in coro: -É fedele collaboratore chiunque si consideri soldato, anche
quando lavora in ufficio, nelle officine, nei cantieri e nei campi. Soldato legato
a tutto il resto dell’esercito. Non è un fedele collaboratore chiunque pensi
che la propria fortuna valga più di quella del Piacenza.
Allenatore: - Come deve essere la disciplina del vero calciatore del Piacenza?
Squadra in coro: -La disciplina del vero calciatore del Piacenza deve essere
silenziosa operante e devota!
Allenatore: - Se obbedire costa sacrificio?
Squadra in coro: - La vera, la saggia, la santa disciplina è nell’obbedire
quando dispiace, quando rappresenta sacrificio.
Allenatore: - E se questa disciplina non venisse accettata?
Squadra in coro: - Verrebbe imposta
Allenatore: - Sono permesse mormorazioni o critiche?
Squadra in coro: - Il Piacenza bandisce dalle sue file i litigiosi e quelli che
han bisogno costante di creare difficoltà.
Allenatore: - Qual è il comandamento del Piacentino?
Squadra in coro: - Ama il lavoro per l’orgoglio che dà all’individuo e per
l’armonia che crea nella squadra. Pensa che ogni bega ed ogni dissenso sono un
ritardo frapposto all’ardore mirabile del Costruttore.
All’udir queste parole uscire da una finestra degli spogliatoi, i tifosi della
tribuna, anche quelli appartenenti all’elettorato di centro sinistra, si
fregavano soddisfatti le mani.
Formazione a sorpresa quella annunciata dall’altoparlante: col recupero di
Olivi e Graffiedi il mister riprende
anche la sua originaria idea coi
Con sovrapporsi intendo proprio l’andare uno sopra l’altro.
Passa praticamente un tempo dove il dilemma è capire se Passoni ha una fascia
color carne in testa o se il suo barbiere lo ha malconsigliato, quando
d’improvviso compare la “Toccata”.
Guzman inventa la legittima estensione ad una sovrapposizione (qui in termini
calcistici) di Avogadri. Cross da campione, portiere e difesa estromessi,
Ferraro quasi indisturbato insacca. Cinismo impressionante: c’è ancora un
tempo, ma a quel momento con l’Ancona son 3 punti a tiro. Nell’intervallo ci si
interroga se alla gente che in serata vedrà i riflessi filmati, potrà sembrare
verosimile che il Piace giochi un buon calcio giudicando l’azione del goal.
Secondo tempo: l’Ancona deve cambiare passo, ma il Piacenza è indisposto a
concedere spazi. Prova a disincagliare la partita il mister dorico con la più
banale sostituzione possibile: dentro una punta in più. Risponde Pioli con la
stessa metrica adottata col Grosseto: dentro una punta in meno.
Lo stadio, affezionato ai propri “bomber” come mai nell’arco della stagione,
accenna il dissenso. Qualche minuto per capire di aver fatto la cosa giusta e
Pioli chiama fuori l’esausto Ferraro per il furibondo Moscardelli. La trance
agonistica porta il numero
L’aspra rampa di inizio partita è ora un piacevole declivio. Guzman
eccezionale: un tiro a volo da buono impegna il portiere avversario. La palla
rimane in area e Radja, nella circostanza poco reattivo, non interviene a
dovere. Un signore sbotta: “Me sa g’aviss un fiò atzè al trarriss in Po”.
La cattiveria che manca ai nostri calciatori per arrivare in cima alla catena
alimentare dell’ ecosistema denominato serie B è tutta sugli spalti. Bisogna
solo saperla gestire.
Arvodas
PIACENZA-ALBINOLEFFE 1-2 (N.Madonna, Ferraro, N.Madonna)
Quand’ero piccolo, ricordo che in paese c’era l’usanza di andarsi a bagnare gli
occhi in Po nel giorno dell’Ascensione. Al ritorno era d’obbligo la sosta
nell’oratorio di Santa Vittoria, dove si diceva un Ave (i più frettolosi) o un
rosario (i più devoti) al Madunein.
L’usanza s’è persa.
Vuoi perché l’inquinamento ha smorzato i taumaturgici effetti delle acque, vuoi
perché una signora, dopo aver dichiarato che andava a bagnarsi gli occhi, l’han
tirata su dopo un mese.
Il Superiore non ha sicuramente gradito la sparizione di tante belle preci ed
aspettava il momento propizio per servire la propria gelida portata. Quale
miglior occasione di due goals del Madonnino, tesi a condannare il Piacenza al
rientro nel moione della bassissima classifica?
Oltretutto due reti in bilico tra il fortunoso e il voluto, direi quasi
pilotati dall’Alto.
Albinoleffe è la rappresentazione sportiva di due paesoni bergamaschi, una di
quelle mostruosità a cui non mi abituerò mai. Non ce l’ho con quelli di Albino,
né con quelli di Leffe; presi singolarmente vanno benissimo; è quell' unione
che stride. Aladino e il Mindo, che oggi occupano ruoli importanti in società,
non bastano a caricarli di simpatia. Con loro sai già come va a finire: una
brutta partita che per bene che vada la pareggi. A smentire il tutto, non è
stata una brutta partita e non l'abbiamo pareggiata. Radja dirà che impattare
serve a poco, qualcuno gli spieghi che non è vero.
L'annuncio di Ferraro titolare provoca il il vicino di ringhiera come solo la
lesa moralità della mamma potrebbe. Di lì a qualche minuto si spoglierà nudo in
eccesso d'esultanza.
Son talmente spiazzato dalla semplicità con cui raggiungiamo il pari (perchè
loro han segnato dopo 15", non si può far finta di niente) che quasi quasi
comincio a credere sia la volta buona per divertirsi. Spettacolare davvero la
nostra azione offensiva, forse la più bella dell'anno e il manuale del calcio
c'entra poco. Nainngolan scambia con Guzman e s'invola sulla fascia; cross
teso, incornata in tuffo di Ferraro, centro. Tutto qui? Si, ma ne vedo così
poche che mi son gasato.
Dopo il pari la gara diventa piacevole e per tutto il primo tempo la squadra si
offre vogliosa e spigliata. Le speranze si rinforzano.
Bastano 15 minuti, inezia nel corso di una vita (a meno che non siate
centometristi), per restituire due squadre completamente differenti. Sembra stravolgere
le cose l'ingresso di Mengoni, assolutamente pronto per ambire al ruolo di sig.
Malausseine per il pubblico piacentino. Sembrano dimenticate le parole dell'
indimenticato Kharja: "Per recuperare appieno, serve un periodo uguale a
quello di stop".
Comunque, arriva il secondo sigillo personale del Madonna jr. Tempo per
riscattarsi ce ne sarebbe d'avanzo, uomini per agire anche. Invece, pur creando
qualche pericolosa situazione, restiamo a due palmi minimo dalla concretezza
(voleè di Guzman, colpo di testa di Moscardelli, tiro di Graffiedi). Perdiamo.
Che questo sia un anno di sofferenza lo può usare solo chi scrive i giornali ed
eventualmente chi si limita a leggerli. É da quando vado allo stadio che peno
(l’ uso del vocabolo non è casuale dopo la partita di cui sopra), di base ci
vado proprio per quello.
Ecco l’odore di mio figlio
come l’odore di un campo
che il signore ha benedetto
(Genesi - Armando Madonna)
Arvodas
SALERNITANA-PIACENZA 0-1 (Anaclerio)
Salerno deve la notorietà di cui gode per essere la barriera autostradale più
odiata del Nord Italia. L’origine di quella A3, simbolo di ruberie e piagnistei
ingiustificati.
Poi un giorno, grazie al veicolo calcio, la città di Salerno si fa conoscere
anche per altri motivi. Emergono dirompenti tutte le rivendicate dissomiglianze
con Napoli, a cui nell’immaginario collettivo è spesso accomunata. Certo, il
sindaco Gentilini fatica a considerarli fratelli, ma è innegabile che grazie al
cavalluccio marino amaranto, si presentarono all’Italia sotto una luce
differente.
Un bello stadio (almeno alla tv sembra tale) intitolato ad un Principe, con un
pubblico appassionato, parevano raffigurare il giusto biglietto da visita per
uscire dall’anonimato.
Il corso degli eventi portò all’ incrocio i destini di Salernitana e Piacenza
in una di quelle partite che nel bene (per noi) e nel male (per loro)
concorrono a scrivere col maiuscolo la Storia calcistica.
Le due novantenni società, ignoratesi per un lungo periodo, ultimamente
intersecano spesso le loro strade; sabato ad esempio si son date appuntamento
per giocarsi una porzione importante di campionato. L’andata fu una brutta
partita che Salerno vinse senza scandalo. Erano primi in classifica, giravano
bene, gli acquisti di pregio rendevano. Poi pian piano ci hanno raggiunti nella
parte destra della classifica, assestandosi in scia.
Le mail scambiate in settimana con gli amici avevano tutte lo stesso comune
denominatore: “Gara di sofferenza assoluta”.
Tutte tranne una che nella sua unicità suonava decisamente poco veritiera:
“Espugnamo l’Arechi”.
Fasulla forse, ma sufficiente per innescare la scintilla della fiducia. In
fondo loro sono in crisi e noi stiamo bene, quindi perché no?
Andrea investe 6 euro e invita il crocchio a visionare tutto dal divano di casa
sua. La moglie è fuori e il bimbo dorme. Almeno, dormiva fino al goal di
Anaclerio quando l’urlo scomposto dell’ottomana centrale l’ha tirato in piedi.
Una partita spettacolare quella del Piacenza, i biancorossi han fatto piovere e
asciugare. Qualche piccola sbavatura, vedi ad esempio il fallito (in più
circostanze) raddoppio, ma fondamentalmente non avevo ancor visto una prova di
forza simile.
Pioli riesce a vincere contro una squadra precedentemente allenata e penso non
sia dispiaciutissimo. Che ricordo abbian di lui da quelle parti non so dirlo,
spero non sia paragonabile a quello lasciato da noi da Ganci e DiNapoli. Posso
invece raccontare che Ferraro a inizio gara, è stato chiamato sotto la curva a
salutare. La cosa sorprende me, ma anche lui e il rendimento avuto lo conferma.
Tecnico della televisione:
1 - Si è parlato di Nainngolan in tutte le maniere: pro, contro, Real,
BettolaSpes. Bene: Radja è una garanzia assoluta.
2 - Avogadri è predisposto per regalargli un po’ di anonimato. Stefano cresce
in termini esponenziali.
3 - Riccio ha toccato una volta sola il pallone, ma il palo che ha colpito è
tra i gesti migliori dell’anno.
4 - Corriamo il rischio di abituarci a prestazioni simili, magari centrandone
una casalinga. E’ così piacevole perdersi in chiacchiere alla fine di una bella
partita. Vinta.
Arvodas
PIACENZA-MODENA 1-0 (Anaclerio)
Le tigelle sono un piatto della tradizione modenese, per mia fortuna le ho
assaggiate, preparate proprio secondo la tradizione. É successo un po' di tempo
fa ma vi assicuro che il mio palato e le papille gustative conservano il
ricordo della bontà, della fragranza e la semplicità di quel tipo di “pane”.
Così Stefano Pioli ai microfoni di radio Sound ha commentato la seconda
vittoria consecutiva contro una ex squadra.
In settimana i tesserati Piacenza calcio avevano in tutti i modi cercato di
motivare la cittadinanza alla partecipazione attiva. La stampa, pur riportando
i proclami, aggiungeva la consueta nota di mestizia: “Non fatevi fregare gente,
non vale la pena sbattersi”.
Ieri ho visto Gentilotti da Biolchi: messo su un trespolo, sembrava Giacomo
quando fa l'avvoltoio. L’ho guardato 5 minuti, era un avvoltoio normale.
Abbiamo vinto, se non avessi rivisto in tv l’occasione che s’è divorato Bruno,
avrei sicuramente aggiunto: “senza patemi”. Apolloni, mister che in sala stampa
ricorda molto il Marione, parla di grande prestazione dei suoi. La cosa mi
rende lieto: se questa è stata una delle loro buone esibizioni, la salvezza
(per noi) è più vicina.
Abbiamo vinto, la festa in campo dei nostri cuccioli è combustibile per il
cuore. Quando a casa consultando il televideo, ho dovuto attendere la pagina 2
per vedere il nome Piacenza, ci son rimasto male. Non cambia niente, ma mi
ruga.
Abbiamo vinto, come sette giorni addietro a riempire lo spazio degli addetti
alla marcatura ci pensa Anaclerio. L’azione che lo porta a segnare è clamorosa:
Riccio intuisce la sovrapposizione del compagno e serve nel vuoto. Il pubblico,
pur non composto da soli fisici, elabora che la velocità della palla e quella
del terzino sono opportune. Anaclerio sembra la Carfagna tanto sgrana gli occhi
per lo stupore provocato dall’inesistente reazione della difesa modenese e
bello come la ministra va fino in fondo. La traiettoria impressa
sapientementemente alla biglia cozza contro uno dei funghi blu striati di
giallo e va nel sacco.
Abbiamo vinto, la partita non passerà alla storia, ma c’è soddisfazione. Pioli
avrà fatto le sue cappelle, ma la squadra è sua e lo segue. I calciatori sono
motivati, Zammuto è l’ultima conferma.
Abbiamo vinto, ed è entrata anche la maglia di Lamacchi. Adesso ce l’ha su
Volpato, gli dona moltissimo, solo sembra un filo stretta.
Abbiamo vinto, Guzman ha sbagliato il rigore, Moscardelli non è riuscito a
raddoppiare, Graffiedi nemmeno, ma stiamo benone. Ascoli è tradizionalmente
terreno poco indicato per i papaveri. Andiamo giù con un piano quinquiennale,
portiamo stabilità, diamoci continuità.
Abbiamo vinto, è molto bello scriverlo sapendo che è vero.
Arvodas
ASCOLI-PIACENZA 2-0 (2 Belingheri)
Si è detto e scritto molto sugli orari scelti per il campionato di serie B.
Fino a qualche tempo fa ero convinto che: “Quando non c’andrà più nessuno,
faranno retromarcia”. Invece niente, anzi è sempre peggio. Possono contare su
un notevole bacino di tossicodipendenti, continueranno a fare quello che
vogliono. Comunque sia, si gioca alle 19 di venerdì in quel di Ascoli, qualcuno
trova il tempo e ci va, qualcuno guarda la tv, qualcuno non si schioda dalle
proprie abitudini che non prevedono il Piacenza in campo.
A proposito di stupefacenti, mercoledì sera c’era lo stadio illuminato,
immaginando fosse per le prove della notturna, son passato a dare un’occhiata.
Faccio due chiacchiere con uno che non incontravo da anni e dopo un po’ mi
racconta l’aneddoto del Pino al casinò.
Dopo aver dilapidato una fortuna a Chemin de Fer, il Pino conosce una che gli
si propone: “Andiamo a casa tua “. Raggiunta l’alcova, la tipa si fa subito
intraprendente e dopo pochissimi preliminari ordina: “Frustami”. “Me g’ava in
ca’ gninta… ho vert al frigur, gh’era un silar…agh’lo druè dre, fein cal s’è
mia dasfatt”. La verdura fa bene.
Venerdì sera le luci dello stadio sono spente, ci passo davanti per andare a
veder la partita al bar. La vedo e non son nemmeno deluso. Mi allineo a
Gregori, anche per lui non c’è niente da dire se non riportare: “Ascoli -
Piacenza 2-
Sto scambiando le ultime due balle post partita con lo Zio che entra il Lubo.
Abbigliato in modo ricercato, ma attenzione, non da sfilata in vasca, esordisce
con “Oggi giornata speciale”.
Aggiunge “Sono marcio”. La flessibilità della lingua lo aveva abbondantemente
evidenziato, senza bisogno di aggiunte.
Il barista è astuto, beve 3 bicchieri d’acqua (la minaccia è: “Se non bevi non
pago”), io molto meno. Nel giro di un niente ho davanti un Cardinale e 2
prosecchi. Lo zio, fiutata l’aria, subdolo si defila dopo il primo Borghetti.
Del resto il Lubo aveva manifestato un discreto interesse per la pancia della
zia, dimostrando anche una certa esperienza su forme e contenuto. Straordinaria
la battuta “Io lo faccio sempre nell’acqua per farlo sembrare più grosso”.
Trilla il cellulare, Lubo controlla, è la sua morosa. Passa l’apparecchio al
barista e gli fa “È la mia morosa, rispondi tu dille che son andato”. Il
gestore ligio: “Ciao scusa se rispondo io, ma il cellulare è rimasto qui. Lui è
entrato, ha ordinato un bianco, si è sentito male e l’han portato via, penso
sia morto. Tra l’altro il bianco non l’ha neanche finito”. La tipa deve essere
abituata a mosse simili. La immagino perentoria ordinare di metterla in
comunicazione col moroso, perché vedo il barman allungare il cellulare al
legittimo proprietario; il quale disinvolto: “Stasera non ne ho voglia” e riattacca.
Lubo, guardandosi attorno con circospezione, mi fa: “Guarda, la possibilità che
Garilli lasci il Piacenza è nell'aria, ma stavolta ti invito a riflettere sul
fatto che l'ipotesi non è per niente peregrina. La tengo un po’ sottotraccia in
attesa di tracce più consistenti, ma bisogna cominciare a pensarci. Se davvero
vuole lasciare il Piacenza, spero lo dica nei tempi più rapidi possibili, per
evitare una pericolosa vacanza di proprietà e dare a chi può muoversi un po' di
respiro nella ricerca di nuovi, possibili proprietari”.
Arvodas
PIACENZA-TREVISO 2-0 (Ferraro, Bianchi)
“Stavamo costruendo la centrale (la vecchia Levante), con la gru han sollevato
uno dei tuboni per il raffreddamento. Quando è arrivato ad una certa altezza,
alle estremità son sbucate le testoline terrorizzate di due imboscati che ci
stavan dormendo dentro. Il sindacato ha tribolato non poco per spendere
l’azione dei due tecnici specializzati come certosino controllo di qualità”.
Non so quale sia il motivo per cui alla gente vengano in mente le storie più
stravaganti una volta accomodatisi allo stadio. Vuoi per l’adrenalina che gira
mille, vuoi per la necessità di diluire la pressione, ma sono una dote
irrinunciabile.
Perfetta la locazione del turno infrasettimanale, la possibilità di rimontare
in sella dopo una brutta caduta è quanto di meglio potesse capitare. Vero che
ci presentiamo alla delicata sfida con una diretta concorrente, vero che siamo
in regime di austerity difensiva, vero che ogni qualvolta ci siam trovati a
dover reperire risultato pieno abbiamo steccato, ma è soprattutto vero che il
Treviso non è una diretta concorrente.
Pioli, costretto alla rotazione forzata in difesa, si regala il vezzo di rotare
anche l’attacco. Dall’undici di partenza rimangono fuori Moscardelli e
Graffiedi, al loro posto Ferraro e Volpato. Bisogna segnare, ad oggi questi due
sembrano proporre le garanzie maggiori. A centrocampo non ci sono variazioni:
Riccio, Nainggolan, Passoni e Guzman han convinto il mister più di tutti,
mentre Avogadri, Iorio, Zammuto, Calderoni sono l’obbligata barriera eretta di
fronte a Cassano.
Barriera, vocabolo molto familiare qui da noi. Del resto a Piacenza si fa e si
pensa calcio da tempo immemore. Ad ogni ingresso cittadino c’eran le Porte, le
abbiamo sostituite con le Barriere. Quanto importante fosse garantire
l’impenetrabilità del fortino, fu lampante già agli amministratori dell’epoca.
Che la Storia riporti la nascita del pallone nostrano al 1919 è una formalità
mista ad una questione di qualità.
Il Bigino della partita riporta di un Treviso che parte bene. Ci vogliono 10
minuti ai biancorossi per assestarsi in campo, ma trovati gli equilibri
transitiamo: Ferraro gratifica gli affezionati con la capriola di gaudio.
Cassano riscatta l’infortunio di Ascoli con un miracolo di parata (ma qualcuno
parlava di palo). Entrano: Bianchi per Nainngolan, borborigmi del pubblico
sulla coraggiosa scelta, e il Mosca per Ferraro, brontolii più insistenti,
perché Volpato a chi è sugli spalti sembra abbia il boffo.
Guzman istoria una parabola perfetta per Bianchi che raddoppia premiando ancora
una volta l’occhio clinico dell’allenatore.
Esce Guzman per un motivato Aspas, giusto per chiudere in bellezza la cronaca
di una morte annunciata. I pochi ma reattivi tifosi della Marca intonano: “Io
credo/risorgerò/ questo mio corpo/vedrà il Salvatore”.
Appunti:
1- La concorrenza nel gruppo fa bene. Chiedere conferma al colosso di Mons.
2- Che fosse un compito facile è facile scriverlo dopo.
3- In curva si son divertiti, nessun coro solo cacofonia gutturale reiterata. I
trevigiani, purtroppo non udibili da tutti, han risposto con la stessa moneta:
sono sempre uno spettacolo.
4- Voltiamo pagina e non è un modo di dire, la 210 di Televideo ci vede segnati
nella 1 di 2 e
forse
davvero
ci Piace
si ci Piace di più.
Arvodas
PIACENZA-FROSINONE
3-0 (Ferraro, Volpato, Avogadri)
In fondo c’era l’agro convincimento che l’iniziativa solidale “un euro per i
Distinti” coincidesse con una prestazione sottotono dei biancorossi. In
settimana i firmatari del pari avevano la percentuale per poter governare senza
apparentamenti. Pavido e silente mi accodavo.
Il sole che molesto disturba il sonno del sabato non dipana i cattivi presagi
alimentati dall’attacco frusinate. Dedic, Eder, Cavalli, Santoruvo…come facciamo
a marcarli?
Allo stadio qualcuno in più c’è sicuramente, lo si intuisce (perspicacia
spicciola) dalle inusuali code ai tornelli. Immediato serpeggia il malumore:
“Noi abbonati siamo penalizzati”. “Non è giusto che la gente ci venga solo
quando si paga poco”. Per fortuna basta lo sguardo carico di commiserazione dei
più equilibrati affinché la contestazione rientri.
Cominciamo male, concedendo un doppio paio (quattro) di occasioni ai ragazzi in
gialloblu per fortuna non gestite al meglio. Lo sgrislone collettivo scatenato
dall’errato pallonetto di Eder servirà solamente alle recriminazioni dei nostri
avversari in sala stampa. Di ben altro spessore è il colpo di testa di Ferraro,
che appena prima s’era divorato una disonesta occasione (fuorigioco non segnalato).
Il nostro centravanti si fionda impavido su un pallone a mezza via tra portiere
e difensore e travolgente (il portiere sa a cosa mi riferisco) insacca. É
ancora capriola.
Quando Ferraro chiede il cambio ed esce sostituito da Volpato, c’è un po’ di
magone. La tesi dell’infortunio dovuto all’esultanza non supera la
riconoscenza.
Il Frosinone fatica a reagire, la nostra difesa stronca ogni loro iniziativa.
Dedic, Eder, Cavalli, Santoruvo…ma chi sono?
La partita, che già ci vede felici per il risultato acquisito e per il gioco
visto, migliora ancora nel secondo tempo. Azioni veloci congeniate in
allenamento, miste ad altre dettate dalla personale iniziativa, ci portano a
dilagare. Raddoppia Volpato ed è un goal da centravanti, triplica Avogadri ed è
un goal da fuoriclasse.
Esce Moscardelli sostituito da Siligardi; una prodezza in allenamento di questo
giovanotto me lo ha reso simpatico, l’emozione del debutto però lo ha frenato.
Esce Graffiedi sostituito da Aspas, non c’è la stessa ovazione tributata a
Moscardelli (devo ripetere il cognome perché sostituendolo con “bomber” sembra
di prenderlo in giro e non lo merita), ma ha giocato bene e gli è riconosciuto.
Esce il triplice fischio e tutti scattano in piedi ad acclamare i calciatori,
una volta tanto tornati beniamini. Non ci sono piroette, ma si saltella
ripetutamente per non suscitare nel vicino dubbi sul luogo di nascita.
Note a parte
- Come dice Benedetto, avvalorato da U. Tirelli (coordinatore del GICAT) : “La
salvezza non verrà dai preservativi. Sono vittorie come questa a costruirla”.
- Pioli per tutta settimana ha ripetuto alla squadra: “Quando ho cominciato a
usare la dinamite anch'io credevo a tante cose, in tutte... e ho finito per
credere solo nella dinamite.” I ragazzi hanno capito.
- Due squadre in salute affronteranno il prossimo derby del ducato, temevo ce
ne potesse essere una sola, sono molto più tranquillo.
- Benvenuta Chiara, abbiamo già pronta la scala per raccogliere le fragole con
lo stemma del Piacenza Calcio. Te la porto martedì, così abbraccio la mamma e
mi metto d’accordo col papà per andare a Parma.
Arvodas
PARMA-PIACENZA
1-1 (Budel, Graffiedi)
Ricordo quanto fossi prevenuto la prima volta che vidi Parma. Ero già stato al Boscone
(Boscone Cusani per completezza d’informazione) che il Mario ‘d’ la Clara,
vicino di allora, definiva “Piccola Parigi”. Da lì il mio convincimento che la
definizione “Piccola Parigi” si riservasse solo a dei “postassi” dove nessuno
voleva andare.
La prima volta che vidi Parigi mi convinsi che centrava davvero poco col
Boscone (molto più simile a Berlino), ma anche con Parma.
Col Boscone non era derby vero. Li snobbavamo, non potevamo considerarli al
nostro livello tanto era differente la densità di popolazione: faticavano a far
su una squadra da 11.
Eppure rievocare quella partita in cui concedemmo loro di raggiungere il
quorum, permettendo di schierare due nativi del borgo residenti altrove, è
motivo di sofferenza.
Perdemmo
A fine partita provammo a lamentarci del fatto che Robertino non avrebbe potuto
esser della sfida, ma fu una protesta isterica, il regolamento non era preciso
in merito. Quei
Anche ieri son partito prevenuto, è la prima volta che una società avversaria
mi offre ospitalità. Come il verme che si aggira nel pomo, assorbo trasformando
la polpa della Grandeur offertami. Buffet organizzato in una sala della tribuna
d’onore, le foto di trofei e Campioni (C maiuscola) alle pareti, la maglia
crociata sotto vetro, la porta degli spogliatoi a due passi e soprattutto
poltrona riservata con graditissima opzione tettuccio fisso.
Gli altri fortunati son famiglie, guardano con interesse le sciarpe rosse
appoggiate sul nostro tavolo. Di fronte ho un pingue baffuto, deciso a
monetizzare la giornata abboffandosi di “veli di Parma”, nome strutturato per
nascondere la coppa (c minuscola) autoctona.
Raggiungiamo i nostri posti, la maschera ha un tuffo al cuore quando gli mostro
il biglietto, nominativo si, ma del settore ospiti.
Della partita non so cosa si possa dire di credibile, so solo che ho ancora
occhi lucidi a ripensarci.
Lo spicchio in festa, il tunnel che innesca l’azione del pari, Avogadri che
anticipa la battuta di Paloschi (in fuorigioco), Cassano che toglie un pallone
già entrato (forse anche due), Iorio e Zammuto che giganteggiano sui loro
quotati avversari diretti, Abbate e Siligardi che s’abbracciano due file sopra
noi. Tutto troppo bello, tutto troppo vero.
Al casello, punto di incontro prescelto per la via del ritorno, il coronamento
di una giornata perfetta. Arriva una limousine da cui sbuca il cicciotto coi
mustacchi dell’area Ospitalità. Sembra un normale avvicendamento alla guida,
visto che dall’altra portiera sbuca la compagna. Invece il ciccio mi spara 3
bei getti di semi-digerito quale conferma che la coppa di Parma, oltre ad esser
meno buona della nostra, fa anche male.
Arrivano gli amici, sono qualcosa in più di umidi, eppure non m’invidiano, non
gli manca affatto quello che descrivo, non baratterebbero con niente la
sofferenza ripagata.
Voci sicure riferiscono che negli spogliatoi Pioli cantasse:
guarda quanti ce n’è
tutti fermi nel prato, fermi
madonna quanti ce n’è
guardano in alto, il cielo
e non so perché
io non capisco perché
allora vado da uno e chiedo
e gli chiedo cos’è?
lui mi risponde sorridendo
perchè sa il perché
Guarda c’è una mano in cielo
Ma tu la vedi o no?
Arvodas
PIACENZA-BRESCIA
2-2 (Tognozzi, Moscardelli, Caracciolo, Ferraro)
La giocata era quotata molto molto bassa. Che la
stampa locale avrebbe aperto i propri servizi sul Piace con: “Occasione persa”
lo sapevamo tutti.
Se tecnicamente non c’è nulla da eccepire, va però aggiunto che è un’occasione
da non rimpiangere. L’abbiamo giocata, abbiamo fatto tutto quello che era
possibile per vincerla, speso tutto quanto era a disposizione. Non ci siamo
attaccati alla malasorte, non abbiam pianto miseria per gli infortuni subiti,
non abbiam modificato l’obiettivo.
Il risultato pieno ci avrebbe fatto sicuramente comodo per alimentare il
riverbero di un campionato rivitalizzato verso l’alto. Non ci siamo riusciti,
ma la cosa sposta solo la punteggiatura, non il senso della frase.
L’operazione “Vieni a bere il caffè allo stadio” funziona, la densità di
popolazione per metro quadro non è ancora a livelli di Bresso, ma gente ce n’è
e fa piacere. Sfrutta la ghiotta occasione anche Gianmaria, non c’eravamo più
visti perché il sabato gioca. Era piccolo la prima volta che l’ho portato allo
stadio, voleva vedere Ronaldo e s’è innamorato del Piacenza. Uno spettacolo
anche la morosa, han litigato perché lei voleva andare a vedere il Fiorenzuola.
Occasione persa ci dicevano…a parte che la cronaca di Gentilotti la potete
cominciare dal basso verso l’alto e forse anche da destra verso sinistra che la
comprensibilità non cambia, ma come si fa a saltar via tutto il tormento che
s’è vissuto sugli spalti. L’ansia di dover vincere combinata in rito abbreviato
all’agitazione del perdere.
Passa un minuto: rigore per noi espulsione per uno di loro.
Passan due minuti traversa per noi, niente goal subito per loro.
Nervosismo, c’è un “cappellino” di Cassano, un signore sotto di noi s’indigna
“T’na fa veins vùna e perd trì”. La ribellione dei vicini è collerica, il tipo
rivede le sue posizioni aggiungendo diplomazia.
Passan 20 minuti, due uomini fuori con infortunio per noi, molta soddisfazione
per loro.
Il goal bresciano arriva scortese come la R in “rasgadùra”.
Il pari di Moscardelli è dolce come l’oro tra le vigne.
Il prezzo del biglietto (e non è ironia spicciola) risulta già abbondantemente
ripagato.
Secondo tempo.
Graffiedi è incontenibile, tanto incontenibile che va a ristabilire un minimo di
equilibrio alla partita facendosi espellere. Due cose: io il rigore al Piacenza
lo darei per molto meno, ma se una cosa simile l’avessero fischiata a parti
rovesciate, mi sarei inasprito. E si può discutere se per il fallo commesso
dall’ala piacentina era più equo un giallo (con conseguente rosso) o rosso
diretto, ma non sull’intelligenza tattica del nostro giocatore.
Moscardelli non si lascia impressionare, è in odore di doppia. L’ariete, non
essendo animale cacciatore, si disinteressa di agire sottovento. Bega avverte
il pericolo e con un robusto intervento ferma il centravanti, aziona due
barellieri e guadagna il cartellino scarlatto.
Tornata in superiorità numerica, la squadra decide che il pari è il risultato
più inutile possibile e attacca. Il pubblico approva raggiante, ma una
“pisquanata” (erano anni che non lo sentivo) permette al Caracciolo di
riportare Brescia in vantaggio.
Ferraro assomiglia più al vetriolo che non alla poesia. La sua testata vale
solo punto ai fini della classifica, ma è impagabile per noi spettatori in
biancorosso. Se quel volo d’angelo a un niente dal triplice fischio trovasse la
sfera, anche il Faustini avrebbe trovato modo di scriverne.
Pioli in sala stampa ha dichiarato che prima di ogni sessione d’allenamento
proietta il trailer di “Padre Moronno”(http://www.youtube.com/watch?v=6OsnRFqvDWg)
per mantenere alta la quota infantile dei calciatori.
Funziona: loro si divertono e noi con loro.
Arvodas
AVELLINO-PIACENZA
1-1 (Mesbah, Nainggolan)
La tecnologia influisce notevolmente sui rapporti interpersonali. Anni fa nei
servizi igienici di un bar trovai una boa nel bel mezzo della tazza e “ho tratt
sò anca ‘i occ”. L’altro giorno in quella del bagno aziendale c’ho trovato una
carota. L’ho fotografata ed inviata ad un amico.
Due settimane dopo la ricevo da Giancarlo con la didascalia: “Pietro Manzoni è
ancora tra noi?”.
Giancarlo, caro amico con cui condivisi lo spareggio del San Paolo, oltre a
rifarsi vivo dopo tempo infinito, offre ospitalità. Capisce che la posta in
palio nella verde Irpinia è differente da quella partenopea, ma la caratura non
si discute. Controlliamo l’orario dei treni, scendiamo in trattative minuziose
(lo spazzolino, usato una sola volta per ripulire la scarsa dentatura di zia
Onorina, è a mia disposizione), abbozziamo gli abbinamenti enogastronomici cui
ci sottoporremo. Nel programma del fine settimana avevamo inserito anche la
visita a casa Malaparte, meraviglia architettonica senza eguali.
Poi il progetto implode. Zia Onorina, origini avellinesi, recapita il seguente
messaggio.
“Oggi si soffre e si fa soffrire, si uccide e si muore, si compiono cose
meravigliose e cose orrende, non già per salvare la propria anima, ma per
salvare la propria pelle. Si crede di lottare e di soffrire per la propria
anima, ma in realtà si lotta e si soffre per la propria pelle. Tutto il resto
non conta.”
La prendo male, ho sempre avuto un debole per Malaparte e casa sua (anche se al
catasto è intestata a Kurt Erich Suckert), frutto dell’amore per una donna
vietata.
Così mi vieto l’amore per la trasferta di Avellino, sono anni ormai che tra
tifosotti timidi e disorganizzati ci promettiamo una “lunga”. Stavolta ero
deciso, calcio e rimpatriata attendevano solo di esser coniugati. Invece
soprassiedo: “Ho cose da fare” è una scusante mal digerita, ma sopportata a
qualsiasi latitudine.
La guardo in tivù come credo la totalità dei cronisti sportivi piacentini del
resto. E ne trovo conforto.
Certo un pari in rimonta lascia sempre la bocca più dolce ed è più semplice
abbandonarsi a considerazioni positive. Fosse pure che l’Avellino pagò
maggiormente le proprie assenze, anche noi avevamo le nostre e non ce ne siamo
fatti dominare. Siamo cresciuti molto, non cediamo il campo in nessuna
circostanza e quando sbagliamo sappiamo rimediare.
Lo spettacolo non è stato eclatante? Può essere, ma questi ragazzi, sempre
tacciati di inseguire i propri interessi, stanno scrivendo una pagina corposa
della nostra storia. Voglio loro molto bene, anche quando non provano a vincere
una partita possibile. Tutto è possibile, dopo.
Cassano è un paratutto. Con la maglia rossa e la fascia di capitano ereditata
da Olivi, ha raggiunto l’apice estetico.
Avogadri e Calderoni continuano a convincere.
Mengoni migliore in campo.
Olivi nota dolente, non per rendimento, per l’infortunio.
Passoni la solita concreta staticità.
Bianchi: meno appariscente rispetto alle ultime prove, ma denso per tutti i 90
minuti. L’imbeccata nel finale per Volpato era identica a quella di Ancona per
Ferraro.
Nainggolan: goal strepitoso e prova da capo. Aumentano le responsabilità,
aumenta il rendimento.
Aspas: è uno dei pochi che può permettersi l’abusata: “pur di giocare, son
disposto a fare tutto”, anche se stavolta ha faticato a collocarsi
nell’ennesimo ruolo nuovo.
Moscardelli: è in giornata il centravanti e i primi controlli palla lo
dimostrano. Lo spegne la noia di non ricevere palloni adoperabili.
Ferraro: non riesce a segnare per una bella parata del portiere avversario. Il
petto sempre proteso lo segnala come incline alla lotta e il suo marcatore
(Doudou) ne sa qualcosa.
Bini: rileva Olivi, non ricordo altro
Volpato: troppo riconoscibile l’occasione mancata nel finale. Segnando ci
gasavamo.
Grippo: ha il numero 16 e sembra grintoso.
Arvodas
SASSUOLO-PIACENZA 2-1 (Nainggolan, 2 Noselli)
Fantastico: fine partita i giocatori del Sassuolo,
increduli dell’impresa appena compiuta, chiedono ai nostri di scambiare le maglie.
Un ricordo indelebile di carriera, non vedono l’ora d’avere nipotini a cui
poterle mostrare.
Orribile: torniamo a riempirci d’amaro. In questo recupero notturno in cui non
si sa se seguire i risultati delle avversarie in ottica ascendente o discendente,
optiamo per la soluzione più comoda. Guardiamo dietro e non pensiamoci più.
Si parte per Modena – Sassuolo ruminando commenti sul futuro societario e
salume di qualità, distrazioni essenziali per non affrontare il pronostico
partita. Sappiamo di perdere anche se il cuore lo rifiuta.
Lo stadio modenese rimane un bell’oggetto, ma il campo è da rivedere e non solo
per le compassionevoli toppe presenti. Il terreno di gioco pende
spaventosamente verso la tribuna. Avevo gia avuto questa impressione nella gara
col Modena. Quando si trattò di recuperare, tutte le trame offensive venivano
affidate a Wolf (grande Daniel, torna presto), mentre dall’altra parte gli
spazi erano clamorosi.
Stavolta uguale, nonostante la direzione d’attacco invertita. Dopo esser andati
sotto, la palla rotolava sempre verso Graffiedi, malgrado l’impegno di chi
presidiava la fascia opposta.
Ad ogni modo cominciamo bene, qualche problemino d’ordine dovuto all’ennesimo
cambio d’assetto, ma siamo un belvedere. Il Sassuolo sembra più armonioso, ma
anche incline al lezio.
Per la prima volta dalla curva mi capita di comprendere bene uno schema
sviluppatosi lontanissimo. Passoni cerca Ferraro che finta scappando. Dietro
incrocia Radja, fa sua la sfera poi la rete sbatacchia.
Quindi chi va a vedere il Copra e si mette in curva “Perché da lì vedi bene i
movimenti di squadra” ha ragione. Karlus mi diceva di andare in quel settore
perché si vedon bene altre cose, ma lui segue la Rebecchi Lupa.
Adocchierei di buon grado una trincea fino alla fine, ma non c’è il tempo di
solcarla. I neroverdi sbucano da tutte le parti, soprattutto da quelle di
Calderoni. Cassano si suda lo stipendio di Aprile (non ancora depositato, ma è
normale. Anche a me non è ancora stato pagato).
Non è la prima volta che dalla curva mi capita di vedere bene una punizione. La
barriera si apre senza motivo e Zampagna calcia dritto sul palo. Non mi
emoziono neanche, s’era capito subito che la corsa finiva lì contro.
Il giusto pari arriva per una gran conclusione di Noselli. Potrebbero arrivare
anche a qualcosa in più, ma il Piacenza si rimette in bolla e porta negli
spogliatoi l’equivalersi sancito dal campo.
La ripresa presenta 10 minuti di puro godimento. Graffiedi e Aspas entrati al
posto di Guzman e Bianchi hanno l'aspetto delle briscole adatte per procacciare
il
Ci sarebbe un rigore per noi, l’arbitro non indica il disco perché, da come
calciamo i corner, gli sembra di favorirci maggiormente lasciando correre.
La finiamo così, con un 2-1 e le gole arse non dall’eccessivo incitamento,
piuttosto da un vino strano, il “Ruggine”. Lo producono con un vitigno salvato
dall’estinzione (la Ruzeneina mi pare). Gli effetti collaterali li stanno
ancora studiando; produce sicuramente sbalzi d’umore repentini, euforia seguita
da gravi crisi depressive e in alcuni soggetti aumenta vertiginosamente
l'emissione d'aria dal cavo orale. Attenzione: non aria proveniente dai polmoni
attraverso la trachea come nel caso della voce, bensì dallo stomaco attraverso
l'esofago, a seguito di processi digestivi.
Quando ho visto la copertina dorata dell’assistenza medica coprire una sagoma
inanimata, ho davvero temuto il peggio per lo Zio.
Arvodas
PIACENZA-EMPOLI 1-1 (Moscardelli, Pozzi)
Forma e sostanza in questa partita casalinga con l’Empoli. Il goal di
Moscardelli giustifica il maggior afflusso di persone allo stadio, molto più
dell’esiguo prezzo imposto al biglietto. Cresce l’affetto per questa squadra da
parte di coloro che fin da subito hanno dato fiducia al progetto societario.
Cresce l’affetto del Piacenza Calcio per la propria utenza.
Bella l’iniziativa concordata tra società, sponsor e il club Bassa Valtrebbia
per allestire banchetti di raccolta fondi con destinazione L’Aquila.
Il kit “tifoso biancorosso” meritava assolutamente l’acquisto; il dizionario di
Graziella Bandera così come il libricino di Pietro Bertazzoni sono due lavori
immancabili nelle biblioteche private. Stamattina mia mamma sfogliando
“Esercizi di Dialetto Piacentino” era una fucina di racconti e m’interrogava
sul significato di parole bizzarre. “Cus’el al frûglon da fùran?” “Boh l’ho
sempre sentito riferito a donne in carne, ma non ne ho idea”. Ci rimane male,
gli oggetti della sua gioventù spariscono e anche i loro nomi.
Non sparisce il Piacenza Emergenza al cospetto di una delle più quotate
pretendenti alla promozione in serie A. Anzi, con una prova che ha entusiasmato
i Billy Bestia (quelli di: “molto cuore poca testa”) riducono i toscani al
ruolo di anonime comparse. Personalmente ho avuto paura di perdere questa
partita fino a quando un rimpallo non ha innescato Ferraro. Siamo al
novantaduesimo, il centravanti da poco entrato in vece di Aspas parte senza
strappare il filamento del fuorigioco. In quei pochi secondi so di aver
pensato: “Pioli è un genio. Ha capito la necessità di inviare un segnale forte
ai ragazzi per lottare fino alla fine. Ha tolto un centrocampista preziosissimo
(forse alla sua miglior prestazione stagionale) e ha messo una punta pura, di
quelle che non partecipano al coro. Adesso quella punta è lì, davanti a “Rinvio
lento” Bassi e farà giustizia di quell’irritante perder tempo. Ci porterà in
quota salvezza, ci regalerà uno dei migliori abbracci stagionali”. Invece
Emanuele resiste alla pressione di due avversari, si porta sul dischetto e
calcia alto. La partita finisce qui, ad esser salvi manca qualcosina, ma guardo
con rinnovato ottimismo all’avvenire.
Parlavo di poca testa e può suonare provocatorio dopo una partita simile, dove
il nostro portiere non ha compiuto un intervento degno di nota, dove il nostro
alfiere d’attacco c’ha regalato un goal da cine, una rovesciata parata senza
sapere come (ma forse anche il Mosca non sa come ha fatto a colpir palla), una
traversa dopo un gran dribbling, una punizione stavolta sventata con bravura
dal portiere. C’è stata una nostra supremazia territoriale indiscutibile però
avevo l’impressione che stessimo giocando al massimo dei giri e quei lilloni in
bianco e blu indugiassero al momento propizio per il castigo. L’azione che,
poco prima di quella di Ferraro, porta Pozzi a calciare a lato l’avevo già
battezzata dentro. A proposito di visuali, in settimana c’è stato un rigurgito
di insofferenza verso lo stadio L. Garilli da parte dei media.
Ezio the Trash, cavalcando la tigre della protesta, invia l’ennesima “Lettera
al direttore”: - Tano ti segnalo quella che reputo un’assoluta illegittimità
nei confronti dei cittadini presenti sabato in curva Nord. Il goal del pari
empolese, tra l’altro molto bello, è stato recepito come un autogol. Se dal
settore di cui sopra non riescono a seguire nemmeno le azioni sviluppatesi
nelle immediate vicinanze, sono a richiederne l’abbattimento. Se non fosse
possibile, bisogna almeno impedire a quelli di Castel San Giovanni e
Cortemaggiore di bere prima delle partite.
L’uro, animale simbolo dei Germani, fu descritto da Giulio Cesare come: “…poco
inferiore all’elefante per aspetto e colore…”. El bigote alemanno e i suoi più
stretti collaboratori s’innamorarono dell’idea di recuperare tale razza bovina
(era un po’ il loro pallino selezionare). Non vi riuscirono, ma un paio di
mandrie di una nuova specie videro la luce negli anni ‘40.
Nello stesso periodo mia nonna (come molte altre famiglie di campagna)
costruiva la “fùrnasēla” per non dover donare la “parôla” all’industria
bellica dell’epoca. Tutto questo per dire che il grande calcio, quello dei
“tituli”, si gioca in altri stadi, ma quello che m’interessa da vicino è quello
giocato qui. Il resto è intrattenimento
Legenda:
Frûglon da fùran: Un palo con in fondo un fagotto morbido di stracci che
serviva a pulire il forno a legna prima di cominciare a panificare. Ma “Sa
g’àrmagna anca un po’ ad sênar l’è istess, la cûra al mal ad pansa”.
Fùrnasēla: rudimentale costruzione in muratura che prevedeva la zona fuoco
nella parte inferiore e il calderone incorporato in quella superiore.
Parôla: calderone in metallo non utilizzato per scopi alimentari. Quello per
gli alimenti era il parôl (almeno sulla carta).
Arvodas: arrivederci.
E chi avrebbe mai immaginato che dietro alla
moderata facciata del Gino Murelli si celasse un’indole brutta, sporca e
cattiva. Musicalmente parlando.
Ci incrociamo venerdì sera (1° Maggio, festività
nota per concerti e galline grigie) al bar Alabarda di Duino. Mi presento e lui
cordialissimo accetta di fare due chiacchiere sulla situazione in casa
biancorossa. Mi spiega che Calderoni non ci sta più dentro. “Essendo di queste
(quelle) parti, ha una voglia matta di lasciare il segno sulla partita.
Moscardelli invece è teso, Gli da noia quando lo fischiano e non è sicuro di
essere un ex amato. Graffiedi è tranquillo, un vero signore in campo e fuori.
Ma a proposito di concerti e galline grigie hai mai sentito Chickens whips e
r’n’r ? Davvero simpatici questi Hermits piacentini. Garage rock'n'roll
selvaggio, il cantante che urla come un ossesso, testi ironici e la copertina
del vinile è una collezione di messaggi dementi, sparsi in ogni angolo.”
Sulle prime mi vanto di conoscer bene Lord Picchio
& Co e gliene faccio una presentazione didascalica di cui presto devo
vergognarmi perché l’interlocutore ne sa più di me. E lo dimostra quando
chiedo: “Come vi schierate domani?”
“La formula del numero quattro, valida per tutte le
band nell'universo (le prime furono AC/DC, Ramones e Slayer), è tornata dalla
caccia nelle lande più disparate con una sacca di cuoio nero piena di
quell'enigmatica bestia comunemente conosciuta come Punk.
Lo stesso vale per il calcio: giocheremo in 11 e
saremo 11 demoni.”
Sabato pomeriggio, dopo un piacevole girovagare
senza meta in centro a Trieste, entriamo al Momo Bar per l’ultimo nero
pre-partita. Al banco c’è un signore che parla un idioma incomprensibile col
barista. Sulle prime penso sia slavo, ma il barista smentisce l’impressione
affermando: “Cassano è il miglior portiere della serie B”.
Parlano la mia lingua, quindi m’ avvicino e tento
l’approccio col signore: “Viene a vedere la partita?” Mi guarda perplesso.
Il barman si interpone: “Nereo (guarda un po’…) lo
capisce, ma non parla l’italiano, solo dialetto. Comunque viene, non manca mai”
Nereo dopo una lunga fase di studio dice qualcosa
che mi viene tradotta come: “Oggi lasciateci vincere, siete salvi e avete
goduto del miglior caffé che si possa bere in città”. Sorrido, il caffé è
davvero buono, ma non siamo salvi.
Arriviamo allo stadio, il più bello della serie B,
purtroppo poco frequentato. Cinquemila persone si perdono in una struttura
simile, ma gli effetti speciali sono comunque garantiti. I piacentini presenti nel
settore di sentono eccome e la bordata di fischi all’indirizzo di Maran quando
sostituisce Della Rocca con Granoche è davvero impressionante.
Ma andiamo con ordine.
Il primo tempo vede un Piacenza come di consueto
ben disposto in campo. L’assenza dell’ultima ora di Abbate moltiplica la
motivata attenzione di Mengoni e Bini. Graffiedi e Moscardelli, larghi sulle
ali come non mai, sono di grande aiuto agli ex cuccioli Calderoni e Avogadri.
Radja e Riccio si alternano incisivi negli inserimenti lasciando a Passoni
l’incarico di far bella figura. Il lavoro oscuro di Guzman potrebbe godere
dell’irraggiamento solare quando ci concedono una punizione nella sua zona
preferita. Dopo il canonico conciliabolo con Moscardelli, che poco prima aveva
impegnato il portiere in un paio di circostanze, lascia però al compagno la
battuta. Io non lo avrei fatto.
Dominiamo, l’Unione è la controfigura della squadra
vista in inverno al Garilli.
Si leva la lavagna luminosa ad indicare un minuto
di recupero e l’arbitro per riflesso incondizionato fischia un fallo in
prossimità della nostra area. Lo sfregar di mani di quelli che ho attorno,
unita alla meticolosità con cui Allegretti sistema la palla, provocano il
classico astringimento.
Non capisco bene tanto sono in apnea. Tiro, ne esce
un corner, Cassano esce e Cacciatore manda fuori da buona posizione. Andiamo al
riposo và.
Sul giornalino “Tifone” distribuito allo stadio
leggo il giudizio per il Cacciatore di cui sopra: “Con lui in campo la difesa è
una roulette russa”. Citazione cinematografica assolutamente voluta.
Nel secondo tempo il dominio non è così netto, ma
le occasioni che ci capitano lo sono. Quando Guzman a tu per tu col portiere
calcia a lato dopo averlo spiazzato, non riesco a capacitarmi. Quando Bini non
mette in porta una bella spizzata di Moscardelli, mi deprimo, ma quando Bianchi
spara fuori il quasi perfetto assist di Aspas vado in depressione.
Quanto sopra non è consecutivo, ad inframmezzarlo
ci sono alcune folate di bora. Una gran parata del Mario, una perfetta
immolazione di Mengoni e soprattutto una conclusione di Testini che accarezza
il palo e scatena il sonoro “Uuuuuuuuuuuuh….” del pubblico di casa. Sempre sul
Tifone il giudizio per Testini era il seguente: “il tiro da fuori dovrebbe
essergli vietato per decreto legge”. Meno male.
Finisce com’era cominciata,
Vivere significa godere solo quando si ha quello
che pretende indietro. Per adesso manca qualche punto.
Arvodas
PIACENZA-BARI 2-2
(Colombo, Graffiedi rig., Aspas, Galasso)
“Liberiamoci da moralismi e da falsi pregiudizi” ammoniva la scritta su un
muro della prima casa in via Gazzola, angolo via san Tomaso. Dicevano
c’abitasse Sheila, forse è leggenda.
Roberto Beccantini libero pensatore, indica come situazione insostenibile
la compilazione dei calendari in estate. In quella stagione ogni partita è un’
imboscata, in maggio invece si trasformano in pastelle poco saporite.
L'importante è partecipare, anche se non si sa cosa dire.
Eravamo preparati, i sensi predisposti a gustare il forte sapore della
festa rovinata. Sentivamo gli stimoli dell’acquazzone imprevisto teso a
scombussolare il banchetto allestito in giardino. Purtroppo la Triestina
sovverte il pronostico vincendo a Livorno. Bari è matematicamente in serie A e
a noi non rimane che una gara svuotata dell’ interesse primario.
Ad esser onesti poteva anche non esser così vuota. Andare a 52 era sicuramente
meglio di raggiungere 49, ma poi? Tre partite senza scopo non sono troppe?
Leggere da lunedì a sabato mattina: “Onoreremo il campionato fino alla fine,
non regalando nulla agli avversari”. Salvo poi la domenica trovare: “Abbiamo
fatto il possibile, purtroppo una svista, ma i giovani stanno crescendo”.
Siamo in maggio, sto già facendo fioretto, non avrei sopportato il tutto.
Si abusa dell’espressione “Per vedere una bella gara bisogna essere in 2”.
La stessa cosa è applicabile al concetto di contendere, se una non contende,
anche l’altra si adegua.
In casa biancorossa sono giorni di tensione, gli infortuni, la classifica,
il futuro, la viabilità modificata davanti alla stazione. Concedersi un turno
di relax prima delle 3 finali (perché saranno tali, è garantito) è plausibile.
Non diventi una tragedia il primo punto omaggio.
Che lo spettacolo offertoci sabato allo stadio non sia stato di gran
livello è incontestabile, ma la gente sugli spalti com’era? Il signore a torso
nudo con le bretelle era forse gradevole? E quello con la canottiera in lana
spinosa? E i neo diplomati “stuard” promossi frettolosamente per la
circostanza?
Abbiamo avuto uno dei più grandi Filosofi (i più giovani si documentino sul
sito http://xoomer.virgilio.it/storiapiacenzacalcio)
della storia moderna, con lui siamo diventati esperti in quella disciplina che
si pone domande e cerca di dare risposte sul senso del mondo e dell'esistenza
umana.
Abbiamo elaborato il concetto “ Il calcio è metafora della vita”.
Questa astrazione non esce rinfrancata dopo Piacenza - Bari?
È la nostra indole da tifosi punk a distorcere la visuale. L’idea che “la
tecnica non è nulla, conta solo il cuore di chi gioca” ci fa vedere negativamente
il risultato ottenuto. Trattasi di buon punto, trattasi dell’ennesima balla di
fieno riposta in cascina.
Guccini scrisse che il punk fuori dal contesto sociale che l'aveva prodotto
non aveva senso: "Punkers che vanno a mangiare i tortellini (cosa sono?)
dalla mamma fanno ridere”.
Sollecito Tony Garbato (noto anche come Astro Vitelli, Beppe Starnazza,
Roberto Antoni) rispose: “Hai mai notato come una discesa vista dal basso
sembri una salita?”
Ranieri della Juventus in conferenza stampa ha confermato la labilità del
pallone: “Si entra in campo sullo zero a zero (dato certo) e poi si gioca
(variabile imponderabile)”.
E così è stato, poteva finire 0 a 0, 1 a 1, 2 a 2, 3 a 3.
I giornalisti di casa non hanno riportato la consueta rubrica coi voti: si
saranno accordati?
Cassano: 6.5 Mezzo voto in meno per aver stimato imprendibile il tiro del
pari del Bari.
Avogadri: 6.5 Gestisce da veterano l’occasione del pari del Bari.
Calderoni: 6.5 Vedi giudizio emesso per Avogadri.
Bianchi: 6.5 Non fa rimpiangere Passoni.
Mengoni: 6.5 qualche responsabilità in occasione del pari del Bari.
Zammuto: 6.5 qualche responsabilità in occasione del vantaggio del Bari.
Moscardelli: 6.5 Non fa mai rimpiangere Passoni.
Riccio: 6.5 Controlla che tutto fili liscio.
Guzman: 6.5 Mezzo punto in più per aver lasciato a Graffiedi il rigore.
Aspas: 7 Mezzo punto in più per l’eurogoal.
Graffiedi: 7 Confesso, mi sono emozionato quando abbiamo pareggiato.
Arvodas
PISA-PIACENZA 1-3 (Moscardelli,
Genevier, Riccio, Calderoni)
Inevitabilmente col diminuire delle partite arriva il temuto vocabolo:
verdetto.
Anche per la prossima stagione ci iscriviamo, con diritti acquisiti in campo,
al prossimo campionato di serie cadetta. Se è un bene o un male lo chiederei ai
calciofili di Sondrio o a quelli più spiritosi di Fano che anni fa esposero lo
striscione “Mai stati in B”. Di chiederlo ai pisani presenti allo stadio
venerdì scorso non me la son sentita, ma sembrava comunque chiaro che la voglia
di Lega Pro non fosse altissima.
La frase di Rudolf Borchardt che campeggia sul loro sito ufficiale: “Se c’è un
posto al mondo dove da un nome puoi leggere la storia, questo è Pisa”. Potrebbe
far pensare ad un passato breve. Non è così.
In Toscana, per l’anticipo serale con noi, decidono la chiamata a raccolta
modificando al ribasso il listino dei biglietti. A Piacenza lo abbiamo fatto
con qualche settimana in anticipo e sui giornali s’è parlato di entusiasmo
ritrovato. Qualche leggera differenza tra le due iniziative l’abbiamo
constatata.
Arriviamo a Pisa con discreto, ma necessario anticipo. La fiumana indirizzata
al centro di prima accoglienza intitolato a Garibaldi è mozzafiato. Ci si sente
anche un po’ a casa, la croce bianca in campo rosso della repubblica marinara è
dappertutto. Flussi emotivi incontrollati rendono addirittura piacevole il
lento incedere verso i tornelli. È clima stadio, quello vero, quello densamente
popolato, animoso, partecipe.
Mentre “decidiamo” di occupare un bel posticino dietro le panchine, uno di
quelli che nessuno vuole perché si perde il 40% di visuale, Moscardelli segna.
Lo stadio non ammutolisce, la gente, distratta, sta ancora chiacchierando e
quindi controlliamo che l’esultanza dei biancorossi sia giustificata. Buono,
non ci sono bandierine alzate, l’arbitro va impettito a centrocampo. Il timido
abbraccio che ci scambiamo suscita ostilità.
Le parate di Cassano e i salvataggi a portiere battuto la acuiscono.
Il capolavoro del loro pari la fa esplodere.
Non vedo volti, i gesti di quelli che ci sono vicini invitano alla visione di
parti anatomiche meno nobili e benché non particolarmente attratto, non riesco
a rifiutare le gentili esortazioni.
La lavagnetta col minuto di recupero porta il primo vero momento di quiete. A
movimentare un po’ il clima ci pensa un signore che srotola un A2 (420x594 mm)
con la scritta: “Cassano siamo qui per te. Vedi di non farci fare figure di
m….”. I puntini li ha messi lui, non è censura.
A parte che per vederlo ci vorrebbe il cannocchiale della Margherita Hack,
trovare gradi di follia calcistica superiori al proprio è sempre consolatorio.
Ci si illude di viver bene.
Morale, dopo tutto il clamore della settimana scorsa intorno alla partita col
Bari, siamo ad augurarci che nel secondo tempo ci sia la strizzata d’occhio.
Tutti d’accordo, firmiamo il punto.
Il secondo atto non prevede i ritmi del primo, un po’ perché i biancorossi
hanno fatto quadrato nell’intervallo e un po’ perché l’azione che porta
Graffiedi solo davanti al portiere fa capire loro che non siamo da
sottovalutare.
La curva di casa percepisce le difficoltà della squadra e incita, scatenando
una curiosa eco. Detta il coro la curva, lo ripete la gradinata, poi lo ripete
la tribuna e alla fine tutti applaudono: mi piace.
Piace anche a Riccio, il goal che scortica la molle difesa pisana è un
capolavoro. Capitano, non potevi scegliere momento migliore. Inserimento e
girata bassa sul palo lontano denotano maestria, quella che da ormai tanti anni
ci dimostri.
Esultiamo più scomposti. Qualcuno di noi incredulo sussurra: “Ma adesso li
facciamo pareggiare?”
Ci pensano prima D’Anna con una entrata robusta su Guzman (rosso diretto) poi
un altrettanto incredulo Calderoni a fugare ogni dubbio. La corsa di tutti,
panchina e dirigenti compresi, verso lo spicchietto riservato agli ospiti
evidenzia che si tratta di voluta vittoria.
Al triplice fischio, finisce la stagione. Peccato, il tempo vola quando ci si
diverte.
Durante il tragitto di rientro, sorpassiamo il pullman del Piacenza. Dai
finestrini esce una canzone delle Brigate Rozze, adattata per la circostanza:
Nasce un altra alba fredda sulla città di Piacenza,
torniam dalla trasferta,
stanchi ma felici siamo a casa.
I vestiti bagnati e sporchi,
occhiali da sole anche se luce non ce n'è,
chi altro accoglierci potrà se non casa nostra?
Piacentini uber alles Piacentini siamo noi
la città che si risveglia
Hei pisano eccoci qua.
Siamo cresciuti in queste strade,
giungla cemento, borghesia e oligarchia,
ma il nostro cuore dimenticare non può
la nostra infanzia che non tornerà.
Piacentini uber alles Piacentini siamo noi
la città che si risveglia
Hei pisano eccoci qua.
Vale, niente può consolarti oggi, ma in qualche remoto scomparto ti sappiamo
sereno.
Arvodas
PIACENZA-MANTOVA 1-2 (Godeas,
Corona, Siligardi)
Il Piacenza di quest’anno è una creatura tanto meravigliosa quanto poco
decifrabile. Chi l’ha seguita da presso sugli spalti ha respirato quell'aria,
tutta padana, di confidenze antiche, fatta di odori, personaggi conosciuti in
piazza, modi di dire, soprannomi e sopra i nomi.
È una squadra che trasmette voglia di tovaglia a quadri biancorossi e bicchieri
disuguali apparecchiati per bene. Ricorda la domenica sportiva di qualche anno
fa quando, tra un bicchiere di vino e un pezzo di formaggio, si parlava di
calcio e di vita.
Purtroppo, proprio come quella domenica sportiva in cui si trattavano esistenze
attraverso storie di calcio a pretesto, nessuno l’ha vista. E non ci saranno
prove d’appello, chi c’è stato c’è stato, chi non c’è stato, non c’è (e non ci
sarà).
I media locali, tristi come quei proprietari di casolari che fingono di non
essere in casa per evitare di aprire porta e dispensa agli allegri cantori
durante la sagra d’la Galeìna Grisa, non hanno fatto nessun tipo di sconto. Se
malessere è, malessere sia.
Arriva così l’ultima 'Transumanza 2009', storica rievocazione della traversata
sostenuta dalle mandrie. 30 capi bovini di razza podolica (ma non solo)
condotti da cavalieri e mandriani, per un percorso complessivo di 150 metri più
o meno, hanno attraversato tutto il rettilineo da curva Nord a curva Sud e
ritorno. L’altitudine raggiunta si è lasciata a discrezione del bovino.
L'evento, presentato nella mattina del sabato a Palazzo Galli, nel corso di una
conferenza stampa, ha riscosso un discreto successo. A guidare la carovana,
come ogni anno, la famiglia Bonini, unica in Italia a praticare ancora l'antica
usanza. Il viaggio, della durata di pochi minuti, è stato caratterizzato da
molteplici difficoltà logistiche (dovute soprattutto all’abbandono o alle
ostruzioni presenti lungo i percorsi tratturali) e burocratiche.
L'intervento dei cavalieri con pettorina fluorescente s’è reso necessario solo
laddove l'uomo ha costruito ostacoli artificiali all'iter naturale degli
animali.
L’avversario di turno, il Mantova di Marione Somma e Scation Lori, si giocava
la permanenza in cadetteria, serie per la quale noi abbiamo già da qualche
giorno ritirato l’accredito.
Il Mario porta a casa l’ennesima salvezza (passa per essere uno specialista),
il presidente Lori le ovazioni tributategli dai propri tifosi per la splendida
annata vissuta.
L’esondazione mantovana che ci ha colpito è stata prontamente arginata senza
ricorrere a chiatte. Han provato anche a dimostrarsi antipatici e limacciosi,
ma non basta confinare con Cremona, per diventare come Cremona. Sono come il
cardamomo, spezia pregiata, ma non d’eccellenza.
La somministrazione settimanale di Piacenza è stata modica, un gran goal di
Siligardi e poco altro. Speravo sinceramente di farli tribolare un pochino di
più, ma garantisco: i rivali erano sudati.
Della gara l’unica cosa davvero da rimarcare è il bel gesto del Beppe che ha
donato la sua “ertiga” sciarpa al Capitano. Nonostante la distanza, s’è intuito
che in società hanno già cominciato a pianificare la prossima stagione.
Non c’è stata festa, non c’è stato tributo, le risorse cittadine assorbite dal
primo scudetto della pallavolo nostrana. Oltretutto ne serviranno altre a breve
da investire sul versante pallacanestro, rischiavamo indigestione da
festeggiamenti.
Finisce la partita, qualche buffetto di circostanza tra calciatori (curioso
quello tra Siligardi e l’ex Sacchetti; si conoscono?), poi via a donare la
maglietta alla curva traboccante… d’attesa.
Piacenza – Mantova purtroppo non era una finale, ma il finale e come sempre sul
palato rimangono tracce d’amaro. Consoliamoci: senza l’amaro il dolce non è
così dolce.
In “Trainspotting” (l’ho rivisto da poco, per noi giovani è un cult), la voce
fuori campo recita:
“Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la
famiglia, scegliete un maxitelevisore del cavolo, scegliete lavatrice,
macchina, lettore cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il
colesterolo basso e la polizza vita; scegliete mutuo a interessi fissi,
scegliete una prima casa, scegliete gli amici. Scegliete una moda casual e le
valigie in tinta, scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con
una stoffa del cavolo, scegliete il fai-da-te e chiedetevi chi siete la
domenica mattina. Scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e
lo spirito con i quiz, mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine
scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio, ridotti a
motivo di imbarazzo di stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per
rimpiazzarvi.”
Quasi quasi, anche il prossimo anno scelgo il Piacenza.
Nota a parte:
All’arrivo del pullman targato Mantova, Somma è stato aggredito verbalmente ed
ha risposto per le rime, non essendo secondo a nessuno a dialettica. Sembra
però che il tifoso fosse uno più di fatti che di parole e Mario s’è trovato
male. Voci incontrollate dicono che l’agitato supporter locale avesse scambiato
il mister virgiliano per Aldone Cibic e volesse “rollarlo” per la sua
negligenza scolastica.
Arvodas